La spinta dei buyback
A contribuire alla performance, tuttavia, non è stata tanto la sua natura anticiclica (anche nei momenti di difficoltà economica le persone continuano a spendere per la salute), quanto le operazioni straordinarie che hanno mantenuto vivo l’interesse degli operatori per questo segmento di mercato. “Fra queste bisogna senz’altro includere i piani di riacquisto di azioni proprie che nel 2011 sono stati il metodo preferito dalla aziende del comparto per impiegare il proprio denaro”, spiega uno studio firmato da Alex Mozorov, analista di Morningstar. “Molte azienda hanno approfittato di prezzi che considerano scontati per togliere un po’ di azioni dal mercato e dare una spinta a quelle che sono rimaste. In questo modo hanno anche diminuito il numero di azionisti a cui pagare dividendi fornendo ulteriore ossigeno ai bilanci”.
In base ai calcoli dell’analista, se nel 2009 si utilizzava il 30% dei flussi di cassa per fare operazioni di buyback, nel 2011 si è arrivati al 50%. In alcuni comparti, come quello degli apparecchi medicali (dove le valutazioni sono state particolarmente basse anche a causa di bilanci poco brillanti), si è arrivati addirittura all’80%. “La strategia del riacquisto, comunque, non si è esaurita con la fine del 2011”, continua Mozorov. “Per il 2012 sono stati annunciati altri piani simili. I più corposi sono quelli di Covidien, Stryker e Becton Dickinson. Tutte aziende che, grazie a questo modo di procedere, potrebbero vedere una crescita degli utili del 5%”.
Nel futuro ci sono i tagliMa, al di là di questo tipo di operazioni, il futuro del comparto farmaceutico resta incerto. A pesare sui conti saranno soprattutto i tagli alla spesa pubblica che saranno decisi dal governo americano dopo che il supercomitato responsabile di individuare una strategia fattibile per ridurre il deficit statale non ha raggiunto l’obbiettivo. Una parte consistente interesserà anche i sussidi sanitari. E, in una situazione di forte disoccupazione, questo alla fine andrà ad incidere sui conti delle aziende farmaceutiche perché meno persone avranno accesso a molte specialità medicinali. “La situazione dovrebbe interessare solo marginalmente le grandi aziende che hanno un vasto campionario di trattamenti che allargano la base del mercato”, spiega l’analista. “Qualche problema in più potrebbero averlo le aziende biotecnologiche che fanno affidamento sui fondi pubblici per particolari programmi di ricerca”.