Il problema dell’accesso ai “medicamenti vitali” non concerne più solamente i paesi in via di sviluppo, ma anche la ricca Svizzera, sostiene l’organizzazione non governativa Public Eye, che propone l’introduzione di licenze obbligatorie. Un’idea che non piace per nulla all’industria farmaceutica.
Per ridurre i prezzi dei medicinali e facilitare l’accesso ai generici, il governo dovrebbe ricorrere al sistema delle licenze obbligatorie. In altre parole dovrebbe potere forzare i possessori di un brevetto a concederne l’uso allo Stato.
È quanto chiede l’organizzazione non governativa Public EyeLink esterno, che martedì ha lanciato una campagna in tal senso.
Le società farmaceutiche hanno spesso il monopolio per oltre vent’anni su nuovi medicamenti grazie ai brevetti. Una licenza obbligatoria consente a un governo di incaricare un’altra azienda di fabbricare e offrire il farmaco brevettato ad un prezzo inferiore, senza il consenso del titolare del brevetto.
L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha adottato nel 1995 l’accordo commerciale sui brevetti Trips, che prevede licenze obbligatorie per attenuare l’impatto negativo dei monopoli sui brevetti sulla salute pubblica.
“Le aziende farmaceutiche possono praticamente fissare le tariffe dei medicamenti come ritengono opportuno”, deplora l’associazione in un appello ai ministri della sanità Alain Berset e dell’economia Johann Schneider-Ammann. Il problema dell’accesso ai “medicamenti vitali” non concerne più solamente i paesi in via di sviluppo ed emergenti, afferma l’ong, sostenuta dalla Lega svizzera contro il cancro.
Nella Confederazione ad esplodere sono anche i prezzi degli antitumorali, spesso i costi ammontano ad oltre i 100’000 franchi [n.d.r.: 116.200 euro] all’anno per paziente. Un importo che il gruppo farmaceutico basilese Roche contesta: la tariffa pubblica del trattamento combinato coperto dall’assicurazione di base obbligatoria ammonta a 80’000 franchi all’anno, ma può aumentare in funzione della durata delle cure.
La commercializzazione a questi prezzi “mina l’equilibrio del sistema sanitario svizzero”, afferma in un videomessaggio il presidente della Lega svizzera contro il cancro Gilbert Zulian. In particolare con l’invecchiamento della popolazione.
Sforzi sono necessari, ammette Berset
Nel 2017, i prezzi dei medicamenti in Svizzera sono stati ridotti di circa 200 milioni di franchi. La campagna di Public Eye, affiancata da una petizione, intende però andare oltre e chiede ai consiglieri federali di intraprendere sia misure di politica interna che estera.
Nel rapporto “Protect patients, not patents” (proteggere i pazienti, non i brevetti), l’ong osserva che delle licenze obbligatorie permetterebbero di soddisfare sia gli interessi di un settore molto redditizio che le esigenze di salute pubblica. Uno strumento previsto da un accordo sulla proprietà intellettuale all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
“Lo Stato ha il diritto di decidere quando una licenza obbligatoria” deve essere introdotta, ha affermato martedì di fronte ai media a Ginevra l’ex ministra della sanità svizzera Ruth Dreifuss, che sostiene la campagna. “Deve intervenire” quando i costi per la società sono “insopportabili”, ritiene dal canto suo una esperta in proprietà intellettuale.
Secondo Public Eye l’eccessiva protezione dei brevetti, in cui la Svizzera è coinvolta a livello internazionale, finisce anche per recare danno ai pazienti nella Confederazione, come recentemente dimostrato dal caso dell’epatite C. L’accesso a un trattamento innovativo ma “estremamente costoso” è garantito solo ai casi più gravi.
“Cosa da pazzi”
Per Roche queste licenze obbligatorie sono ingiustificate. Secondo un portavoce del gruppo farmaceutico, non esiste alcuna base legale e un buon sistema di brevetti è indispensabile per l’industria farmaceutica.
L’Associazione delle imprese farmaceutiche svizzere InterpharmaLink esterno precisa inoltre di investire ogni anno oltre 7 miliardi di franchi nella ricerca. Tali innovazioni contro il cancro permettono attualmente di “curare un cancro su due”, aggiunge un portavoce.
Interpellato dalla Radiotelevisione svizzera, Thomas Cueni, direttore generale della Federazione internazionale dei produttori e delle associazioni farmaceutiche, osserva dal canto suo che “chiedere una licenza obbligatoria è da pazzi”. “La ricchezza della Svizzera – prosegue – dipende dalla protezione della nostra conoscenza, che avviene grazie ai brevetti. Certo dobbiamo migliorare, cioè rendere i nostri medicinali più accessibili nei paesi in via di sviluppo”.
tvsvizzera.it/mar/ats con RSI (TG del 22.5.2018)
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