Scende del 3.4% la farmaceutica convenzionata (dopo un crollo del 10% registrato 12 mesi prima) che non raggiunge i 9 miliardi e sono stati ridotti i finanziamenti
Di Redazione IBTimes Italia | 17.10.2014
Da anni vanno giù i costi del personale (35 miliardi nel 2013), cala il costo per acquisto di beni e servizi (altri 35 miliardi), aumentano i costi dei prodotti farmaceutici (+6% in un anno) e dei dispositivi medici (2.7%). Scende del 3.4% la farmaceutica convenzionata (dopo un crollo del 10% registrato 12 mesi prima) che non raggiunge i 9 miliardi e sono stati ridotti i finanziamenti (-0.6). Giù anche le entrate (-0.9%). Il settore pubblico-privato, la medicina “convenzionata ed accreditata” pesa per oltre un terzo sulla spesa sanitaria, percentuale che andata crescendo nel corso degli anni. In alcune Regioni (Lombardia, Campania e Lazio) si riscontrano una quota decisamente più alta della media nazionale (oltre il 42%).
Pur avendo ridotto nel corso degli anni il deficit sanitario, la Sanità continua a spendere più di quanto incassa. Nel corso degli ultimi anni ben 9 Regioni hanno dovuto attivare dei Piani di Rientro (Piemonte, Liguria, Lazio, Sardegna, Abruzzo, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia). Liguria e Sardegna sono uscite dalla black list. Ma nel 2013 il disavanzo è stato complessivamente superiore nelle altre 13 Regioni dove il Piano non è previsto (890 contro 746 milioni di euro). Nelle Regioni sottoposte al Rientro abbiamo assistito a piani lacrime e sangue (aumenti dei ticket, taglio di posti letto se non di interi ospedali).Tagli quasi sempre lineari, che andavano a colpire anche le non molte eccellenze rimaste in piedi.
In definitiva la spesa sanitaria scende da anni, spendiamo meno dei nostri partner europei, e quando tagliamo spesso non facciamo distinzione fra sprechi (che ci sono) e spesa necessaria. Poco o nulla facciamo per la tassa occulta della corruzione. Come si traduce tutto questo? Che i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) si riducono.
Nel 2012 erano 7 le Regioni che non garantivano questi livelli: Calabria (21 inadempienze registrate), Campania (19), Lazio (13), Molise (12), Abruzzo (10), Puglia (8), Sicilia (5). La Campania veniva bocciata dal Ministero della Salute nei settori assistenza ospedaliera, liste di attesa, prevenzione, sperimentazione ed innovazioni gestionali, assistenza protesica, attività trasfusionale, emergenza-urgenza. Il Lazio in assistenza ospedaliera, liste di attesa, assistenza domiciliare e residenziale, cure palliative, riabilitazione.
Ora il governo Renzi pare voglia far pagare parte della manovra ai soliti noti: si chiedono tagli miliardari alle Regioni e si impostano clausole di salvaguardia che prevedono l’intervento diretto del governo sulla Sanità qualora le Regioni non riescano a racimolare quanto ‘dovuto’.
Ma cosa dovrebbero tagliare le Regioni? Se si chiedono da 4 a 6 miliardi a chi ha già dato in questi anni dieci volte tanto, le giunte regionali dove andranno a battere cassa? Renzi parla di sprechi. Quali? Se lo sa lo dica. Altrimenti, per accontentare la spending, spingi le giunte regionali ad aumentare imposte locali (Padoan dixit) e a tagliare il tagliabile sui servizi (non solo sanità). Senza dimenticare il taglio dell’IRAP, il cui gettito finanzia a livello locale proprio la Sanità. Se si procederà all’italiana, ancora tagli lineari, gli effetti si faranno sentire sulla vita e nelle tasche degli italiani.
Meno posti letto, forse meno personale, meno assistenza ad anziani e disabili, aumento dei ticket. Un ulteriore abbassamento della qualità, che nel corso degli anni ha alimentato il fenomeno della mobilità sanitaria, soprattutto dal Mezzogiorno. Il disavanzo primario della spesa sanitaria è stato drasticamente ridotto nel corso degli anni, colpendo comunque i Livelli di Assistenza. Ora, se verrà richiesta una nuova pioggia di miliardi, si andrà a toccare la carne viva del Sistema.