Fino al 2006 le aziende, pensando all’informatore/propagandista, si sono sovradimensionate all’inverosimile: il numero di Informatori aveva superato le 30.000 unità. Il modello era quello dello spot pubblicitario: maggiore è la frequenza dei contatti con i medici più aumentano le prescrizioni/vendite. Le autorità regolatorie hanno cominciato ad inserire una serie di "paletti" come un tetto alla spesa farmaceutica, premi ai medici che prescrivono meno, regolamenti regionali sull’ISF (a dire di Farmindustria è un paletto), introduzione dei generici, ecc.. I medici, dal canto loro, per arginare una petulante ed insistente schiera di ISF sono diventati sempre meno accessibili, imponendo limitazioni sempre più restrittive.
Da indagini statistiche, le aziende farmaceutiche, si sono rese conto che, nonostante tutta questa massa di Informatori, al medico rimaneva si e no il 4% di ciò che gli ISF dicevano (dato comunicato ad un convegno organizzato da Aboutpharma nel settembre 2006).
Ai problemi sopra evidenziati si sono aggiunti quelli più generali della finanziarizzazione delle imprese, cioè la ricerca e la massimizzazione del profitto a breve o al massimo a medio termine, l’opposto di quello che dovrebbero fare le aziende farmaceutiche che devono investire e immobilizzare ingenti risorse nella ricerca per lunghi periodi. Per il profitto a breve termine è diventato tutto sacrificabile: i lavoratori, le dimensioni, il prestigio, la ricerca, i fornitori, la comunità locale in cui sorge lo stabilimento, ecc..
Tutto ciò ha portato ad un cambio di strategia delle aziende farmaceutiche: puntare su prodotti biotecnologici che richiedono pochi ISF e che sono altamente remunerativi, liberarsi di costi fissi (ISF) ormai superflui o al massimo mantenere una struttura molto “snella” e “flessibile”, delocalizzare o esternalizzare la ricerca e la produzione, puntare sui generici, attuare politiche di fusioni o incorporazioni non per fare nuovi investimenti e creare occupazione ma per sfruttare la ricerca di altri ed eliminare un concorrente per poi dimezzare il personale con profitti raddoppiati. Non a caso l’industria farmaceutica nel 2009 è l’unica, nel comparto industriale, ad aver aumentato il fatturato (dato ISTAT). Risvolto di questa strategia è un sindacato debole e salari bassi.
Gli ISF in questo quadro sono fra quelli che hanno pagato il prezzo più alto: in Italia almeno 10.000 ISF hanno perso il posto di lavoro (1/3), il 30% di ISF in meno con fatturati in aumento! I costi di questo scempio ovviamente ricadono sullo Stato, ovvero su tutti i cittadini.
Emblematica è la chiusura