Schito (Assofarm): contro marginalizzazione professione pensare a integrazione con Aft

«Noi farmacisti, più dei medici di medicina generale, siamo figure che stanno subendo un fenomeno di marginalizzazione evidente non solo in termini economici ma soprattutto professionali».

Sabato, 27 Settembre 2014 – Farmacista33

C’è in atto un processo di marginalizzazione economica ma soprattutto professionale dei farmacisti ed è manifesto anche nel fatto che per la cura di molte delle più importanti patologie i cittadini spesso devono rivolgersi all’ospedale. In questo contesto l’integrazione con gli attori delle cure primarie diventa imprescindibile. Un’integrazione che dovrà sempre più passare per le organizzazioni delle cure primarie, dalle case della salute alle Aft. La riflessione è stata lanciata da Francesco Schito(foto) vicepresidente di Assofarm, all’indomani della convention nazionale della Simg, la più autorevole tra le società scientifiche della medicina generale, in cui è stata ribadita la necessità di una «transizione storica dalla medicina generale a quella primaria» che colga le opportunità rappresentate dalla riorganizzazione dell’assistenza sul territorio, delineata anche nel Patto della Salute, con «un’offerta di nuove prestazioni, servizi innovativi, un’eccellente assistenza al domicilio del paziente» e che, come già ora avviene in alcune cooperative, si faccia carico di una proposta «integrata di servizi» e di «una gestione imprenditoriale delle attività di provider di servizi complessi rivolti ai pazienti cronici». Una evoluzione questa, che deve avvenire anche nel mondo delle farmacie: «All’interno del servizio sanitario» spiega Schito «noi, più dei medici di medicina generale, siamo figure che stanno subendo un fenomeno di marginalizzazione evidente non solo in termini economici ma soprattutto professionali. Che il costo medio dei farmaci (consolidati ed equivalenti) distribuiti attualmente in farmacia sia ormai pari a 3 euro significa in realtà che l’innovazione è per lo più fuori dalla farmacia e che punto di riferimento per la cura di molte delle più importanti patologie sono sempre di più gli ospedali. È vero che nel Patto per la salute c’è un importante passaggio che rivendica il ruolo della farmacia e rilancia la farmacia dei servizi all’interno del Ssn ma il timore è che si tratti più di un addendo che di un reale obiettivo e già ora le forme di aggregazione delle cure primarie vedono una cooperazione di medico di medicina generale, specialisti e infermieri ma non delle farmacie». Ecco allora che «per contrastare questo fenomeno di marginalizzazione una strada percorribile può essere quella dell’integrazione non tanto dei farmacisti ma delle farmacie con queste forme aggregative. Un’integrazione che naturalmente non può avvenire sul piano fisico ma solo in termini funzionali, attraverso la presa in carico condivisa del paziente, con la messa in comune dei dati, che darebbe anche la possibilità di effettuare un monitoraggio sulla compliance e sul rispetto della terapia, e anche con il ritorno dell’innovazione».
Francesca Giani

 

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