Farmaceutica, in arrivo 3mila assunzioni con profili 4.0
Circa la metà dei nuovi ingressi si troverà di fronte a mansioni del tutto nuove
Competenze, formazione continua, nuove professionalità. Sono questi i tre fattori chiave per l’industria
Acquisisce maggiore significatività la parola “multidisciplinarità”, oltre cioè a competenze prettamente mediche, serviranno anche skill ingegneristiche, matematiche, informatiche e capacità di lavorare in team. Ad oggi, il 90% degli addetti farmaceutici è in possesso di laurea o diploma di scuola superiore e dal 2014 sono stati assunti circa 20mila addetti e l’81% della crescita degli occupati è per under35 (di cui l’80% a tempo indeterminato). Anche le donne hanno un ruolo rilevante in tal senso: in totale sono il 42% dei lavoratori, molto di più rispetto alla media del totale industria (29%) e con ruoli di un certo livello nell’organizzazione aziendale. Sono infatti donne il 40% dei quadri e dei dirigenti e sono il 52% degli occupati nella ricerca.
Ma il punto critico è che “abbiamo pochi laureati e pochissimi laureati Stem (Science, technology, engineering and mathematics).” Da noi, infatti, ogni anno, si laureano in discipline Stem appena l’1,4% dei giovani tra i 20 e i 29 anni, con una preponderanza schiacciante dei ragazzi sulle ragazze (1,2% dei maschi contro un modestissimo 0,2% di donne). «Paesi come la Germania o il Regno Unito, per esempio, sono abbondantemente sopra il 3% come quota di giovani tra i 20 e i 29 anni che si laureano in materie Stem”, dice il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Gianni Brugnoli.
Nella farmaceutica, anche gli effetti della digitalizzazione creeranno soprattutto nuove opportunità di lavoro. “Ciò succederà in particolare nelle aree dedicate all’innovazione – ha spiegato Scaccabarozzi – accrescendo la capacità di produrre ed elaborare dati per rendere più efficienti le fasi di ricerca e migliorare l’efficacia delle terapie, nella produzione, trasformando i processi manifatturieri e distributivi, nell’accesso al mercato, cambiando i modi di comunicare con gli stakeholder e le modalità di monitoraggio dei risultati.”
Il punto è far evolvere i ruoli già esistenti richiedendo loro nuove competenze. Nell’area R&D delle aziende, ad esempio, il ricercatore, il tecnico di laboratorio, l’analista dei dati dovranno aggiornare le proprie competenze: dagli algoritmi di intelligenza artificiale per la scoperta di nuovi farmaci, all’uso di applicazioni e dispositivi di realtà virtuale per set-up di test clinici, all’elaborazione di grandi quantità di dati provenienti da fonti diverse, all’utilizzo di modelli di simulazione per lo sviluppo di molecole, alle applicazioni di blockchain. Ci sono tuttavia alcuni profili “emergenti” che saranno sempre più richiesti nella funzione R&D e riguardano in primis i data scientist e gli esperti di machine learning in grado di programmare algoritmi specifici, gli esperti di cybersecurity e di blockchain, i manager digitali per la gestione sempre più efficace ed esaustiva dei dati dei trial clinici.
Anche nell’area di produzione e supply chain tuttavia saranno richieste figure professionali nuove: digital performance manager, ingegneri in grado di programmare algoritmi di big data per analizzare i flussi di produzione in tempo reale, ingegneri di telecomunicazione per la raccolta di dati, esperti di cybersecurity per proteggere la fabbrica dai danni di un fermo macchina causato da virus informatici, esperti di cloud per gestire i dati provenienti da fonti diverse, ingegneri in grado di programmare algoritmi di process automation per robot industriali.
Nota: Il termine Industria 4.0 (o in inglese Industry 4.0) indica una tendenza dell’automazione industriale che integra alcune nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro, creare nuovi modelli di business e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti. Sul miglioramento delle condizioni di lavoro non vi è un sostanziale accordo tra gli studiosi. Per alcuni infatti, quelle del miglioramento delle condizioni di lavoro sarebbero solo promesse, peraltro non inedite, che ogni trasformazione tecno-organizzativa porta con sé. L’automazione dell’industria 4.0 mette a forte rischio il 14% degli attuali posti di lavoro nelle fabbriche secondo l’Ocse.