Gli interessi per la salute siano separati da quelli commerciali dell’industria. È quanto chiede, tra gli altri, la Rete Sostenibilità e Salute che parteciperà all’Audizione prevista alla Camera per discutere la proposta di legge finalizzata a garantire la massima trasparenza nel settore sanitario. Italia che Cambia sarà presente per sottolineare l’importanza del ruolo dell’informazione nel favorire un’etica della sanità.
Proposta di legge n. 491 “Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie”.
Audizione presso la XII Commissione della Camera dei Deputati, 26 settembre 2018, ore 11:15.
Memoria a cura della Rete Sostenibilità e Salute (RSS)
Nel 2012, negli USA, l’industria farmaceutica ha speso circa 27 miliardi di dollari in promozione, di cui 3 per la promozione
Come sono spesi questi 2.4 miliardi di euro? Difficile saperlo, ma dato che l’industria farmaceutica è globale, sono probabilmente globali anche le strategie di marketing. La torta, quindi, non sarà molto diversa da quella degli USA, nella figura qui sotto. Circa la metà dei soldi potrebbero essere spesi per le attività dei rappresentanti, solo in Italia chiamati informatori scientifici. Altre fette importanti riguardano la distribuzione di campioni, il finanziamento di eventi formativi e la spedizione di materiale promozionale di vario tipo. Vale la pena notare che a pagare per tutto ciò sono i cittadini, visto che la spesa per marketing è sicuramente integrata nel prezzo dei farmaci, sia che lo paghi direttamente il consumatore sia che lo finanzi il sistema sanitario nazionale (SSN).
Che la spesa per marketing dia un ritorno è più che certo. Nessun amministratore delegato potrebbe essere confermato da un’assemblea annuale di azionisti se non potesse dimostrare che per ogni euro speso in marketing ne introita 2 o 3 (questa è una stima, perché non ci sono dati a disposizione, ma è una stima considerata verosimile). Questo ritorno si basa ovviamente su un aumento di vendite dei prodotti oggetto di promozione commerciale. Una revisione sistematica pubblicata nel 2017 mostra che le attività mostrate nella figura qui sopra sono invariabilmente associate a un aumento delle prescrizioni (in media di due volte e mezza), spesso inappropriate e di minore qualità, e a un aumento relativo dei costi. Prescrizioni con percentuali più elevate di farmaci ancora sotto brevetto rispetto alle alternative equivalenti. Non stupisce che la spesa per il marketing possa superare anche di due o tre volte quella per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci.
Per essere efficace, questa legge deve avere, secondo la RSS, le seguenti caratteristiche:
- obbligare a notificare tutte le transazioni finanziarie, di qualsiasi tipo e per qualsiasi valore che superi i 10 euro per singola transazione, o i 100 euro annuali nel caso di ripetute transazioni di scarso valore.
- imporre severe sanzioni in caso di mancata notificazione, o di tentativi di aggirare la legge (per esempio con transazioni in nero, o a prestanome, o su conti esteri, ecc.).
- inserire tutte le transazioni, con dati identificativi da stabilire (compresa la ragione di ogni transazione) in un registro pubblico che possa essere facilmente consultabile e analizzabile da chiunque, dai semplici cittadini ai rappresentanti delle istituzioni, passando per ricercatori e giornalisti.
- Dovrebbe inoltre applicarsi a transazioni finanziarie da parte di qualsiasi industria in qualche modo relazionata con la salute. Per esempio, molte attività educative e di ricerca dei pediatri sono sponsorizzate, oltre che dai produttori di farmaci e vaccini, da quelli di alimenti per l’infanzia (Nestlé, Mellin/Danone, Plasmon, Humana, ecc.), con conseguenze negative su inizio, esclusività e durata dell’allattamento, e relativi danni alla salute di madri e bambini., Queste transazioni devono essere coperte dalla legge.
- Infine, dovrebbero ricadere nell’ambito della legge anche le transazioni nei confronti delle associazioni di pazienti; alcune di queste sono infatti finanziate dall’industria farmaceutica che ne approfitta per promuovere l’uso dei suoi prodotti.
È fattibile mettere in pratica un Sunshine Act italiano? Il fatto che una legge simile sia già applicata in altri paesi da alcuni anni depone a favore di una risposta positiva a questa domanda. Come si sa, il Sunshine Act è in vigore dal 2011 negli USA ed include attualmente informazioni sulle transazioni di oltre 2000 ditte con oltre 900.000 medici, per un totale annuale di circa 25 miliardi di dollari. Ha permesso a ricercatori accademici, per esempio, di analizzare i flussi finanziari a seconda della specializzazione dei medici., Ha permesso ad associazioni per la difesa dei diritti dei cittadini di comprovare che i medici che ricevono più soldi dall’industria farmaceutica tendono a prescrivere più farmaci di marca. Ha permesso a giornalisti di scoprire che un famoso oncologo di New York aveva omesso di dichiarare i suoi conflitti d’interesse, del valore di oltre 3 milioni di dollari, nel firmare articoli per importanti riviste scientifiche e nel promuovere specifiche terapie per il carcinoma del seno in numerosi congressi, terapie che avevano alternative meno costose e che si sarebbero per di più rivelate di scarsa validità. L’oncologo ha dovuto rassegnare le dimissioni dopo che il New York Times ha svelato i suoi legami con l’industria.
Leggi simili al Sunshine Act USA sono in vigore da alcuni anni anche in alcuni paesi dell’Unione Europea: Francia, Portogallo, Danimarca, Grecia, Romania, Lituania e, ultimo arrivato, Belgio. La legge francese è più ampia di quella statunitense e ha dei criteri di notificazione più stringenti, ma le multe in caso di inadempienze sono minori. Sfortunatamente, oltre ai rapporti annuali dell’amministrazione francese sui dati inseriti nel registro, non sono disponibili articoli che analizzino volumi e distribuzione dei pagamenti ai medici. Considerazioni simili valgono per le leggi negli altri paesi citati dell’Unione Europea. Anche se è presto, eccetto per USA e Francia, per un giudizio sulla fattibilità di un Sunshine Act, tutte le informazioni che abbiamo finora a disposizione tendono verso una risposta positiva. Anche l’Unione Europea sembra convinta della fattibilità della legge, visto che, attraverso il Progetto Anticorruzione e Trasparenza, ha finanziato in Colombia l’elaborazione del Sunshine Act, e del relativo registro pubblico delle notificazioni. Se si può fare in Colombia, è molto probabile che si possa fare anche in Italia.
Ci sono alternative? Alcune multinazionali del farmaco, come per esempio la GlaxoSmithKline, hanno dichiarato l’impegno a
L’inferiorità di un sistema basato su codici volontari rispetto ad uno ispirato al Sunshine Act è stata recentemente confermata da uno studio che ha condotto un’analisi comparata in 9 paesi europei: Francia, Germania, Olanda, Gran Bretagna, Lettonia, Svezia, Spagna, Portogallo e Italia. Oltre alla completezza, sempre superiore nei sistemi di legge rispetto a quelli volontari, lo studio conferma la difficoltà di accedere e soprattutto di analizzare i dati in questi ultimi. Gli autori raccomandano un Sunshine Act europeo che standardizzi i registri sulle transazioni finanziarie tra industria e medici in tutti i paesi, facilitando così il compito di cittadini, giornalisti, associazioni, ricercatori e istituzioni che desiderino analizzare i dati per semplice curiosità o per capire se e come porre dei limiti a questo enorme passaggio di denaro, per ridurne le conseguenze dannose.
In conclusione, la RSS è a favore di una legge come il Sunshine Act, purché sia efficace, risponda cioè alle caratteristiche sopra elencate. La RSS, tuttavia, ritiene che il Sunshine Act non risolva tutti i problemi. Dopo i primi due anni di funzionamento negli USA, per esempio, non ha (ancora) portato a una riduzione delle transazioni finanziarie né in quantità né in valore. Il Sunshine Act rende solo trasparenti queste transazioni, permette di sapere quanto denaro passa di mano, da chi a chi e per quali ragioni. Permette di identificare i conflitti di interesse finanziari creati da queste transazioni. Potrebbe avere effetti a medio termine, come conseguenze di scelte di consumatori più consapevoli, raggiunti da informazioni più trasparenti relative a produttori ed erogatori di prestazioni sanitarie. Ma in ogni caso, alla fin fine, spetterà al legislatore e a chi amministra il SSN, auspicabilmente su pressione di gruppi di cittadini, decidere se transazioni e conflitti d’interesse stanno causando danni alla salute dei cittadini e alla sostenibilità del sistema, ed agire di conseguenza con altri interventi.
Notizie correlate: Sunshine Act
Sunshine Act, finalmente se ne discuterà anche da noi
Whistleblowing: il lavoratore che denuncia va tutelato, a patto che non si improvvisi investigatore
Codice etico Efpia, la sfida fra trasparenza e privacy nel settore healthcare
Trasferimenti di valore. Le aziende farmaceutiche pubblicano i dati del 2016
Ministro della salute Sacconi e Signora: come ti cucino gli italiani