QUANDO UN FARMACO VIENE RITIRATO

Bollettino d’Informazione sui Farmaci n. 4/2007 – Editoriale
Quando un farmaco viene ritirato
 
Il mercato farmaceutico ogni tanto viene scosso dal ritiro di un medicinale. A volte il ritiro colpisce medicinali in circolazione anche da diversi anni ed in alcuni casi i provvedimenti restrittivi riguardano veri e propri blockbuster. Si tratta di farmaci di uso specialistico in particolari sottopopolazioni ma anche terapie preventive come vaccini, farmaci di automedicazione e addirittura medicinali omeopatici.

Tutto ciò serve innanzitutto a ricordarci che una qualsiasi sostanza introdotta per scopi terapeutici nel nostro organismo espone sempre a rischi, talvolta gravi.

A guardare il recente passato (tabella), si tratta di un fenomeno che pare accadere sempre più frequentemente. Qualcuno porrebbe collegare il fatto ai percorsi sempre più abbreviati della messa in commercio dei medicinali, che accrescono il rischio di reazioni avverse inaspettate. Spesso i media sollevano questo punto di vista, specie in associazione con i dubbi sulla trasparenza da parte delle aziende produttrici nel rendere espliciti i rischi collegati alle nuove terapie. A ciò si aggiunge anche il giudizio critico sulla capacità di analisi degli enti preposti alla vigilanza. A guardare bene, quest’ultimo punto potrebbe essere completamente rovesciato da una seconda lettura dove, al contrario, è proprio la maggiore efficienza dei sistemi di sorveglianza sulle reazioni avverse a rendere più frequente il fenomeno di ritiro di un medicinale.

In realtà, l’introduzione di un nuovo medicinale sul mercato porta con sé sempre una quota di azzardo che purtroppo si gioca sulla pelle dei pazienti. I dati a disposizione al momento di capire se vale la pena metterlo a disposizione della comunità sono sempre limitati a ciò che siamo in grado di valutare in un ambito sperimentale. Spesso si è in condizioni distanti dalla pratica clinica di tutti i giorni, dove sono molteplici i fattori che entrano a complicare lo scenario del nuovo intervento terapeutico.

L’enfasi data al ritiro di un farmaco nasconde però l’incapacità di percepire, da parte degli operatori sanitari e del pubblico, la necessità di una revisione “continua” del profilo beneficio/rischio di ogni medicinale. Una lettura più critica consentirebbe forse al prescrittore, al dispensatore e al pubblico una diversa predisposizione ad un ruolo attivo nella farmacovigilanza, attraverso la segnalazione delle reazioni avverse (vecchie e nuove). Nessun farmaco può considerarsi scontatamente sicuro, anche se sostenuto alla base da risultati recenti e da un utilizzo consolidato.

La rivalutazione del profilo beneficio/rischio di un medicinale non è quindi un’ammissione implicita di colpa né una sorta di testimonianza di una sistema che fallisce la sua missione di evitare rischi inutili.

Nonostante ciò, è bene precisare che in alcuni casi i tempi di intervento potrebbero essere ridotti con una maggiore trasparenza da parte delle aziende produttrici, o attraverso una più acuta capacità di analisi da parte dei settori preposti alla vigilanza, e di intervento degli enti regolatori.

Vi sono però due altri aspetti che occorre considerare in associazione alla procedura di ritiro di un medicinale.

Il primo riguarda il fatto che alle volte il medicinale in questione è talmente utilizzato sul territorio che la sua scomparsa impone la programmazione attenta di un piano di comunicazione che eviti sconcerto ed inutile panico negli utilizzatori. Non si tratta ovvi