Patrizia Floris, ISF cagliaritana, presenta il suo ultimo libro: “Un tè a Marrakech”

Patrizia Floris, scrittrice e biologa, presenta il suo ultimo libro “Un tè a Marrakech” | INTERVISTA

«La lettura porta a immedesimarti nel personaggio. Vivi quel personaggio e vivi l’intera storia, spesso ricordando anche il passato e facendo in modo di ricordarti che è esistito, e che magari ti sei perso in qualcosa o hai perso qualcosa del tuo ricordo.» (Patrizia Floris)

mobmagazine – Andrea Giostra – 4 dicembre 2020

Ciao Patrizia, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Patrizia scrittrice?

Sono Patrizia Floris, cagliaritana. Sono un autrice di romanzi rosa, i miei personaggi ruotano attorno a forze ricche di sentimenti e passioni. Sono una autrice che ama incarnare il personaggio e narrare in prima persona, scegliendo un registro linguistico, diretto a tutti i lettori. Amo mostrare le cose che il/la protagonista vede, l’accompagno nei luoghi più curiosi, li descrivo nei particolari, e ciò mi permette di viverli e renderli veri per il lettore.

…chi è invece Patrizia donna nella sua quotidianità?

Sono una donna molto impegnata con il lavoro e la famiglia. Svolgo il lavoro di informatore scientifico, che mi porta a viaggiare spesso. Sono una moglie e una mamma. Trascorro il tempo libero divorando libri e passeggiando al mare in completa solitudine, dove trovo i momenti di ispirazione per i miei romanzi, annotando in un diario che porto sempre in borsa, i pensieri più creativi. Adoro la musica, la danza orientale e sono un amante dei gatti, visto che al mio fianco ho uno splendida micia.

Qual è la tua formazione professionale e letteraria? Ci racconti il percorso che ti ha portato a svolgere quello che fai oggi?

La lettura, sono una lettrice seriale che nell’arco di dieci anni, con un percorso di scrittura espressiva e un corso di editing, ho avuto la possibilità nel giro di tre anni di pubblicare due romanzi. È un esercizio che mi appassiona e che mi impegna tantissimo, ricco di elementi e di grandi soddisfazioni.

Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere?

Sin da bambina ho amato leggere. Avevo una nonna che leggeva e raccontava storie, comprava grandi quantità di libri. Ricordo che li distribuivo sul pavimento e prendevo un personaggio da ciascuno inventando una storia. È da quel momento che iniziai a scrivere, tenendo un diario e dei quaderni.

Ci parli del tuo libro “Un tè a Marrakech”? Come nasce, qual è il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale la storia che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

“Un tè a Marrakech”

Nasce durante un percorso di scrittura espressiva, dove ho fatto viaggiare il personaggio Sandra, attraverso il tempo. Passato e presente, una storia di amicizia tra due donne, Sandra e Marla, nata sui banchi di scuola di un liceo artistico cagliaritano. Un susseguirsi di alti e bassi in un adolescenza altalenante, una malattia, l’anoressia. Il riscatto da adulte con il lavoro e un viaggio attraverso due città meravigliose come Cagliari e Marrakesh, dove colori, sapori e profumi ne identificano il viaggio interiore di entrambe, tenendo incollato il lettore attraverso colpi di scena.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

Ho pensato tantissimo agli adolescenti di oggi che non comunicano più se non attraverso un cellulare. Nel romanzo parlo di adolescenti degli anni ‘90 dove l’unico mezzo con cui entravano in contatto quando erano distanti, erano le lettere. Molto probabilmente c’era la ricerca continua dell’altro in modo più intenso, visto che Internet ancora nelle case non era presente.

Una domanda difficile Patrizia: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Un tè a Marrakech”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali onlineper acquistarlo.

Un tè a Marrakesh è un romanzo d’amore, è la ricerca di stabilità interiore. Durante l’adolescenza spesso si presentano delle problematiche che si trascinano anche nell’età adulta, creando complessi di integrazione sociale, ma che spesso un rapporto di amicizia vero può davvero aiutare a crescere e a raggiungere un posto al mondo. Per cui questo libro è importante leggerlo non solo per gli adulti che hanno il ricordo della loro adolescenza di un certo periodo, ma anche per le nuove generazioni che possano prendere spunto dalle relazioni passate, in modo tale da instaurare quel dialogo oramai per certi versi perduto.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Ringrazio di cuore i mie compagni di liceo, perché mi hanno insegnato a vivere da adolescente e come tale sono cresciuta con quelle idee pure e sane. Gli insegnanti che nonostante i rimproveri per le nostre marachelle, sono stati veramente dei veri amici. E alcune compagne di scuola, quelle che continuano a starti vicino anche nella vita.

Nella tua attività letteraria hai pubblicato altri libri e romanzi. Ci racconti quali sono, di cosa trattano e quale l’ispirazione che li ha generati?

“E se avessi paura?” è il mio primo romanzo. È la storia d’amore tra un uomo e una donna che si conoscono attraverso la chat. Entrambi nel romanzo si alternano, si raccontano, vivono in modo differente la storia, in quanto è narrata dal punto di vista femminile e maschile. L’unica regola e che non possono esistere regole all’andare di ciascuno. Per cui si cercherà di godere del viaggio e farne tesoro del singolo dettaglio, delle esperienze, degli incontri che determineranno cambiamento, pienezza, gioia di vivere, e godere delle piccole cose, dove solo così avrà un senso davvero. Tutto ciò è nato attraverso delle interviste. E avendo raccolto tutte le informazioni, ho constatato che sia gli uomini che le donne, ricercano affannosamente un’anima simile, con il bisogno d’amore e di vita insieme. Anche se in questo ultimo anno la distanza per via della pandemia ci allontana dai nostri simili con sofferenza.

«Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Cosa ne pensi tu in proposito? Cosa legge il lettore in uno scritto? Quello che ha nella testa “chi lo ha scritto” oppure quello che gli appartiene e che altrimenti non vedrebbe?

La lettura porta a immedesimarti nel personaggio. Vivi quel personaggio e vivi l’intera storia, spesso ricordando anche il passato e facendo in modo di ricordarti che è esistito, e che magari ti sei perso in qualcosa o hai perso qualcosa del tuo ricordo. Penso anche che spesso un autore possa scrivere perché ha vissuto tutto ciò, ma che possa essere anche frutto di esperienze di altri. Sappiamo bene che gli scrittori hanno anche la capacità di rubare le storie altrui e metterle su carta e farle diventare proprie.

«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?

Sono fermamente convinta che nonostante le tante letture e gli approfondimenti culturali che ritroviamo sui libri, mai e poi mai per me sarà sufficiente trarne in forma passiva il famoso “miele” appagante e utilizzarlo in una forma passiva come dogma per la mia vita. Ho necessità di elaborare tutte le informazioni per poter dire questo non è per me e cerco di farmi un’idea diversa elaborando un pensiero tutto mio che mi dia la possibilità di sostenere una teoria che realizzi il mio pensiero.

«Nei tempi andati la vita degli scrittori era più interessante di quello che scrivevano. Al giorno d’oggi né le loro vite né quello che scrivono è interessante.»(Charles Bukowski, “Pulp. Una storia del XX secolo”, Giangiacomo Feltrinelli Ed., 1995, Milano, p. 52). Ha ragione Bukowski a scrivere queste cose a proposito degli scrittori contemporanei? Cosa ne pensi in merito?

Il pensiero di Bukowski, per certi versi, non è proprio vero. Gli scrittori dei vecchi tempi, molto probabilmente scrivevano con una grande passione, perché vivevano intensamente la vita. E ciò che vivevano era dimostrato dal fatto che erano spinti dai grandi ideali politici e poetici, mentre oggi alcuni scrivono per passioni ed emozioni, mentre altri solo per raggiungere una certa fama, pur non scrivendo grandi cose.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Posso sostenere che sia Cartesio che Proust entrambi danno ciò che il lettore cerca. Spesso è un conversare con ciò che ti gira intorno come l’immagine di un film e che ti travolge e coinvolge come se stessi vivendo in quel momento la situazione. Altre volte sono pensieri in solitudine che fai care e che sottolinei con una matita perché ti hanno emozionato e ne fai qualche volta tue. Leggere i libri per me è ritrovarmi in uno spazio temporale, di arricchimento della lingua e della mente, e questo fa sì che il pensiero ne sia avido.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

Penso che il fato conti ben poco, sono del parere che ci vuole determinazione, voglia di intraprendere un certo percorso e di portarlo al raggiungimento. Spesso il talento è innato nella persona e se la si può seguire questa scia con giusta determinazione si otterranno tante soddisfazione e gratificazioni, anche se il successo spesso non arriva, l’importante è credere in quello che si fa e questo è importante.

«…anche l’amore era fra le esperienze mistiche e pericolose, perché toglie l’uomo dalle braccia della ragione e lo lascia letteralmente sospeso a mezz’aria sopra un abisso senza fondo.» (Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, Volume primo, p. 28, Einaudi ed., 1996, Torino). Cosa pensi di questa frase di Robert Musil? Cos’è l’amore per te e come secondo te è vissuto oggi l’amore nella nostra società contemporanea?

Il fatto che l’amore spesso distolga la concentrazione della ragione, è una normalità soprattutto all’inizio di un rapporto dove le persone sentono quegli impulsi e quel sentimento di passione ed emozione. Oggi come allora l’amore è vissuto sempre come la ricerca di un completamento di sé stessi, dove uno si dà all’altro in modo esaustivo. Però sarei anche del parere che spesso presi anche da una vita frenetica e dalla ricerca del successo, non ci si sofferma a provare quel sentimento di completamento, e spesso quando ci rendiamo conto è troppo tardi.

Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?

Nella mia libreria è presente una grande quantità di autori che hanno e che continuano a stimolare la mia creatività da scrittrice. Tra queste Grazia Deledda, Dacia Maraini, Sibilla Aleramo, e poeti ermetici come Primo Levi, Italo Calvino.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere questo inverno dicendoci il motivo del tuo consiglio.

Consiglio alcuni libri, che soprattutto in questo periodo debbono essere letti “Donne dell’anima mia” di Isabel Allende, storie di donne che lottano per l’emancipazione dove Isabel racconta la sua biografia sentimentale e professionale. “La donna degli alberi” di Lorenzo Marone, la capacità di coltivare l’essenziale, dove una piccola rivoluzione di una donna che con un piccolo gesto antico, sovverte lo stare a questo mondo. “I viaggi della vita” ed. Illustrata, qua National Geografic fa scoprire il mondo seduti in poltrona, viaggiando attraverso esperienze fotografiche.

E tre film da vedere assolutamente? Perché proprio questi?

“Interstellar” film del 2014. “I guardiani del destino” film del 2011. “Le nostre anime di notte” film del 2017. È un cercare di tornare quasi a un tempo passato, nella ricerca di sé stessi, riprogettare, rispettare l’ambiente e prenderci cura delle persone fragili. Portarci a una piena consapevolezza e dirottare una società contemporanea che sta lentamente spegnendo ogni ideale di vita.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?

Sono al lavoro del mio terzo romanzo, e lascio a voi la curiosità di immaginare come si svolgerà il racconto. Solo un indizio, questa volta il viaggio avverrà verso una città particolare, Trieste. Per il momento i miei prossimi appuntamenti sono dopo le feste natalizie in attesa che questa pandemia rallenti la sua corsa, e questo dipenderà sempre dai nostri comportamenti corretti.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Ringrazio apertamente tutti i lettori che vorranno seguirmi in questo percorso, consigliando loro di trascorrere del buon tempo con delle letture molto interessanti, con l’auspicio di poterci sentire presto.

Patrizia Floris

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