Le recenti modifiche al Codice Deontologico di Farmindustria hanno fornito l’occasione a Elisa Stefanini e Claudio Todisco dello studio legale “Portolano Cavallo” di pubblicare il 14 giugno 2023 all’interno della rubrica “Digital impact in Life Sciences: Legal Corner” su AboutPharma.com, l’articolo dal titolo “Comunicazione non promozionale: dal codice di Farmindustria un nuovo impulso per il digitale?”
L’unico vincolo specifico al contesto digitale è quello di proteggere una comunicazione pensata per una certa categoria di destinatari dal possibile accesso da parte di altri destinatari, per cui occorrerà utilizzare aree ad accesso riservato e implementare sistemi di verifica dell’identità degli utenti. Per il resto, anche le forme di interazione “digitali” dovranno seguire le medesime regole e i medesimi accorgimenti delle interazioni fisiche.
Il tema delle interazioni tra le aziende e i soggetti diversi dai medici a vario titolo coinvolti nella catena di acquisizione, dispensazione e somministrazione del farmaco suscita da sempre particolare interesse negli operatori del settore. Possono essere infatti ricondotte nell’ambito di tali interazioni tutta una serie di attività di particolare rilevanza, diverse da quelle promozionali, quali la divulgazione di informazioni sulla
Ma fino a che punto queste attività restano non promozionali e quindi possono essere indirizzate a soggetti diversi da quelli autorizzati a prescrivere o dispensare il farmaco ai sensi dell’articolo 119 del Dlgs 219/2006, più noto come Codice del farmaco? Il Codice non prevede una disciplina specifica per tali forme di comunicazione, limitandosi sostanzialmente a regolare la promozione dei medicinali nei confronti di medici e farmacisti effettuata dagli informatori scientifici, sottoposta dallo stesso Codice a specifiche regole e procedure (articolo 119 e seguenti).
Una prima risposta – si dice nell’articolo – a questo interrogativo si può rinvenire nella stessa definizione di pubblicità di cui all’articolo 113 del Codice, intesa come “qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali”. Ciò che distingue la pubblicità da altre forme di comunicazione/informazione è ”l’intento” di chi la pone in essere (es. incrementare la prescrizione o la vendita di medicinali). Se invece si svolgono, ad esempio, training per la formazione di infermieri nella somministrazione di una terapia particolarmente complessa, è difficile rinvenire in questo un intento promozionale.
In questa cornice normativa, si è inserita la recente iniziativa di Farmindustria, che ha adottato alcuni emendamenti al proprio Codice di condotta (articoli 3.25 e seguenti), fornendo maggiori indicazioni e rassicurazioni agli operatori al riguardo.
Il nuovo articolo 3.25 del Codice di Farmindustria fornisce alcune indicazioni in merito alle interazioni con i soggetti non prescrittori coinvolti nella somministrazione delle terapie, consentendo alle aziende lo svolgimento di attività informative e formative anche per tramite di personale operativo territoriale, purché:
- le attività non abbiano finalità promozionale (in particolare, è espressamente vietata qualsiasi forma di pubblicità dei medicinali come definita dal Codice del farmaco);
- tutte le informazioni trattate siano connesse al ruolo di tali soggetti nel processo di gestione del paziente, nella ricerca clinica e nella corretta e sicura somministrazione della terapia.
Si dice poi nell’articolo che anche i soggetti non prescrittori possono partecipare ad eventi, corsi e congressi organizzati o sponsorizzati dalle aziende, purché aventi ad oggetto tematiche non attinenti ai medicinali ai sensi dell’articolo 124, comma 9, del Codice del farmaco.
Indicazioni più specifiche sono inoltre previste dal Codice di Farmindustria (articolo 3.27) con riferimento alle seguenti tipologie di interazioni non promozionali: “Accesso al farmaco e institutional affairs”, “Account management” e “Scientific exchange”.
Viene poi affrontato il tema del Medical science liaison (Msl). Secondo quanto si dice nell’articolo
Seppure la figura del Msl non sia regolamentata, il fatto di affidare questo tipo di interazioni a un soggetto diverso da un informatore scientifico, che possiede competenze prettamente mediche (efficacia e sicurezza dei farmaci, patologie, studi clinici, etc.), rafforza l’idea che si tratti di scambi e interazioni costruite su basi non promozionali, che fanno capo a funzioni aziendali diverse da quella commerciale.
A seconda dei casi, i Msl possono anche condividere proattivamente informazioni connesse alla pratica clinica, alla pipeline aziendale o alle attività di accesso ai nuovi prodotti, liberandosi in parte dai vincoli rigorosi cui soggiace l’informazione medico scientifica.
Chiaramente, a conferma del fatto che questo tipo di comunicazione obbedisce a logiche informative e formative piuttosto che promozionali, è importante che anche tutti gli elementi di contorno, come i materiali e il linguaggio utilizzati, nonché i luoghi e le modalità in cui avvengono gli incontri siano pensati in quella stessa logica.
Data la delicatezza di questo tipo di comunicazioni, è sempre opportuno che le aziende istituiscano un sistema di vigilanza, individuando al proprio interno uno o più responsabili in relazione alle attività di comunicazione e informazione rivolte ai soggetti non prescrittori. Utile dotarsi altresì di procedure e regole interne, al fine di garantirne la compliance con le norme generali sulla pubblicità dei medicinali e con le indicazioni fornite da Farmindustria.
Note: Codice Deontologico Farmindustria
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Pubblicità dei farmaci: nuove indicazioni dall’Europa
N.d.R.: L’articolo è ben informato e documentato ma ci crea delle perplessità quando si parla dell’informatore scientifico, che svolge attività commerciali e che fa capo alla relativa funzione aziendale. Se si parla di informatore scientifico del farmaco (ISF) la relativa funzione aziendale per legge è il “Servizio scientifico” (art. 122 e 126 del D.Lgs. 219/06) che deve essere indipendente dal marketing. L’art. 113 che sembra autorizzare l’attività commerciale degli ISF in realtà parla in generale (anche degli OTC) e per quanto riguarda i medicinali da prescrizione il D.Lgs. 219/06 è severamente limitante (dall’art. 119 e seg.) se si fa riferimento proprio agli articoli 122 e 126 che pone appunto gli ISF alle dipendenze di un servizio scientifico, distinto e separato dal marketing intendendo evidentemente marketing come tecnica manipolatoria di vendita. La ratio è evitare che il farmaco sia trattato come un normale bene di consumo (come specifica in sostanza la stessa legge).
“Se la pubblicità di medicinali indeterminati fosse esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva europea 2001/83 (di cui il D.Lgs. 219/06 è l’attuazione), i divieti, le condizioni e le restrizioni che essa prevede in materia di pubblicità a causa dei rischi che possono derivare da un di uso eccessivo e sconsiderato di medicinali sarebbero in larga parte privati del loro effetto utile e l’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica perseguito da tale direttiva sarebbe ampiamente compromesso” Promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali è intesa in senso lato su tutti i farmaci e non specifica. “La direttiva 2001/831 che armonizza le disposizioni sulla pubblicità dei medicinali, la subordina a condizioni, restrizioni e divieti allo scopo di assicurare la tutela della sanità pubblica”. (fonte: Sentenza Corte Europea del 22 dicembre 2022)
Non basta quindi desiderare l’informatore scientifico commerciale o far riferimento a Codici Deontologici o Contratti di lavoro per affermarne la legittimità. Qualsiasi Tribunale dichiarerà la nullità di ciò che è contrario alla legge come ha già fatto più volte la Cassazione e come ha ribadito la stessa AIFA.
Il tentativo è creare una dicotomia fra una informazione commerciale degli ISF e una scientifica (o presunta tale) da parte degli MSL. MSL svincolati da leggi, regolamenti e normative in modo che possano dire a chi vogliono (che l’azienda vuole) anche quello che un ISF non può dire. Il tutto ammantati di un prestigio scientifico a differenza degli ormai screditati ISF (commerciali) mai difesi o valorizzati dalle imprese farmaceutiche. Sono “ferri del mestiere” diceva tempo fa un ex presidente di Farmindustria!
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