Se quel dottore si comporta in tal modo, ne scelgo un altro. E’ un comportamento frequente ormai. Ma una riflessione con il cittadino e con l’assistito, va compiuta: con quale criterio ha scelto o sceglierebbe il medico di famiglia? Perché ha lo studio ad un centinaio di metri dal domicilio? Perché viene a casa anche dopo cena o la domenica? Perché non fa mai obiezioni alle richieste di accertamenti? Perché non manca mai? Perché fa l’orario lungo? Sembra quasi che si scelga non un professionista qualificato ed esperto, ma una serie di “comodità”.
Tema centrale della professione medica è quello della capacità dei singoli e della categoria di adeguare le proprie competenze alla rapida evoluzione avvenuta in Sanità negli ultimi vent’anni. Non si tratta solo delle conoscenze mediche, che di per sé necessitano di un costante confronto multidisciplinare, ma in generale di competenze assistenziali necessarie per erogare un servizio efficace ed efficiente. Uno scenario profondamente diverso, anche da un punto di vista emotivo e relazionale, da quello che molti di noi hanno vissuto solo dieci anni fa. In questa prospettiva valori come “indipendenza” e “autonomia professionale” devono confrontarsi da un lato con una politica aziendale adeguata al contesto socio economico locale, ai processi organizzativi e ai bisogni del paziente, dall’altro con una politica in grado di sviluppare e tenere in collegamento la medicina generale con il resto del sistema Azienda, motivando i medici attraverso uno sviluppo professionale continuo.
Perché non valorizzare, allora, il medico di famiglia che partecipa ad attività di formazione continua, a riunioni periodiche di revisione del proprio lavoro insieme ai colleghi di famiglia e/o dell’ospedale di riferimento? Se l’orario di ambulatorio e se le visite a domicilio riempiono gran parte della giornata, dove ritaglia il medico il tempo per lo studio sia dei problemi/malattia dei propri assistiti sia in generale per mantenere le sue conoscenze e abilità al passo dei tempi? In un moderno rapporto d’agente fiduciario del paziente, il medico generale si deve attrezzare per diventare la guida del cittadino nella molteplicità dell’offerta di servizi sanitari, una guida solidale che non deve essere estranea ai vissuti del paziente (specie se questi sono quelli della sofferenza), ma essere anche il garante della selezione della prestazione più efficace e il consulente capace di indicare la struttura sanitaria idonea a soddisfare il bisogno del malato.
Saffi Ettore Giustini
Da “Corriere della Sera .it/Salute”