Lorenzin: «Basta tagli, ogni euro risparmiato. Reinvestito in servizi. Task force anti-malasanità»

Tutti i dati del paziente saranno in rete e si potranno fare dei controlli automatici sulle prescrizioni nei due sensi: si potrà vedere se un paziente per esempio ha avuto troppe prescrizioni di farmaci, ma si vedrà anche se invece un malato di Alzheimer, per esempio, non si sta curando.

Lunedì 30 Giugno 2014 – Il Messaggero.it

Ministro Lorenzin, lei ha annunciato di avere finalmente definito il Patto per la Salute. Che vuol dire? Ci aspettano nuovi tagli nella Sanità?
«No, al contrario. Questa è la prima volta dopo molti anni che la Sanità entra in una nuova fase: ogni euro che risparmieremo sarà reinvestito in servizi ai cittadini, in ricerca, in innovazione. La filosofia è che la Sanità non è solo un costo ma anche un investimento».
Beatrice Lorenzin, 42 anni, ex Pdl, ora Nuovo Centro destra-Unione di centro, è uno dei pochi (tre) ministri del governo Letta, riconfermato da Renzi. Si è sempre battuta contro i tagli lineari, quelli della spending review degli ultimi anni.
Come farà a trasformare la sanità in un investimento produttivo?
«Intanto abbiamo messo in moto un meccanismo di riorganizzazione che è il primo passo per garantire la sostenibilità del servizio sanitario nei prossimi venti anni. Se poi si investe nella ricerca, nell’innovazione biomedica, si produce reddito, si ottiene sviluppo dell’indotto e si offrono cure innovative ai cittadini».
Ma come farà a risparmiare per liberare queste risorse? Negli ultimi anni già si è tagliato molto… Per di più sappiamo che la popolazione invecchia: ci sarà bisogno di più Sanità, non meno…
«L’invecchiamento della popolazione farà salire il costo della Sanità del 2% in 10 anni, quindi dobbiamo risparmiare questi soldi da qualche altra parte, con la medicina preventiva, con la riorganizzazione e con la digitalizzazione».
Partiamo dal modo in cui funzionerà il controllo sulla spesa delle Regioni…
«Le Regioni per la prima volta hanno accettato un nuovo sistema che le aiuterà nei piani di rientro, soprattutto per quelle che hanno dei grossi carichi di debito. In primo luogo non saranno più i presidenti delle Regioni a fare i commissari ad acta. E poi ci sarà una nuova vigilanza digitale che le aiuterà nei controlli dell’efficienza delle strutture».
Ci sarà un maggiore potere centrale, da parte del ministero?
«Sì, saremo in grado di controllare e di rilevare situazioni critiche nelle aziende sanitarie prima che il danno diventi irreparabile. Una task force avrà la capacità di andare nelle Asl con dei problemi e risolverli senza aspettare anni, ma in pochi mesi. Se un reparto di urologia fornisce meno prestazioni e costa di più della media, è evidente che c’è un problema e bisogna intervenire. Inoltre la trasparenza garantisce una maggiore vigilanza su fenomeni di corruzione e malasanità».
Pensa anche al Lazio?
«Il Lazio aveva 2 miliardi di debito e ne ha ancora 700 milioni. Oggi sarà più facile riorganizzare le strutture, con flessibilità e tenendo conto dei problemi delle singole aree. Se sulla carta prima si pensava di chiudere una struttura, ora si può intervenire con un accorpamento o una riorganizzazione».
Ci sono anche nuovi criteri nella scelta dei dirigenti?
«Il criterio per la nomina di dirigenti e direttori sanitari dovrà essere solo l’efficienza».
Perché le Regioni hanno accettato di perdere potere?
«Perché avranno la certezza del budget per tre anni. E una riprogrammazione del sistema per cui tutto ciò che si risparmia viene reinvestito».
Cosa cambierà per i comuni cittadini, i pazienti?
«Per la prima volta dopo 10 anni abbiamo aggiornato i livelli essenziali di assistenza con 900 milioni in tre anni e 300 milioni per l’aggiornamento delle protesi audiovisive. Quelle previste prima erano obsolete rispetto a quello che i cittadini con problemi di udito o di vista possono avere oggi. Anche per il diabete, una patologia che interessa un numero enorme di persone, si insiste di più sulla prevenzione, si forniscono nuovi dispositivi che rendono migliore la vita del paziente, e si garantiscono cure domiciliari. Chi soffre di broncopatia cronica ostruttiva, per fare un altro esempio, potrà avere bombolette di ossigeno portatili, più facili da gestire. Tra le nuove malattie incluse c’è l’endometriosi e la vulvoadinia, che interessano un numero sempre maggiore di donne».
Lei parla di prevenzione, di assistenza domiciliare, di ruolo delle farmacie e dei medici di base….però sembrano chimere, soprattutto in certe regioni.
«Tutto questo sarà più semplice grazie alla sanità digitale. Tutti i dati del paziente saranno in rete e si potranno fare dei controlli automatici sulle prescrizioni nei due sensi: si potrà vedere se un paziente per esempio ha avuto troppe prescrizioni di farmaci, ma si vedrà anche se invece un malato di Alzheimer, per esempio, non si sta curando. Il medico di base lo chiamerà e lo seguirà. In alcune regioni tutto questo già avviene. E’ solo una questione di organizzazione, anche perché per esempio tenere un malato in ospedale a lungo significa spendere molto di più che garantendo l’assistenza a casa. Quindi così si risparmia».
Lei ha accennato anche alla riforma dell’accesso alla professione medica. Cosa ha in mente? E’ favorevole all’abolizione dei test per Medicina?
«No, non sono favorevole all’abolizione dei test di accesso all’università. Però a ottobre concluderemo la commissione istituita dal patto con le Regioni e il ministero dell’Istruzione su tutto il tema della formazione e del reclutamento. Dobbiamo tenere conto dei fabbisogni futuri, se no rischiamo di ritrovarci senza medici, come è successo per esempio all’Inghilterra. Costruiremo un nuovo percorso».
Parliamo dei ticket, i famigerati ticket. Si è detto che in futuro si pagheranno in base al reddito. Cosa dobbiamo aspettarci?
«Anche questo va rivisto: l’Isee da solo non basta perché c’è l’evasione fiscale e sugli esenti da reddito si rischia che paghino sempre gli stessi. Bisogna accertare chi merita veramente l’esenzione, perché magari è disoccupato, o per carichi familiari».
Qualcuno ha detto che lei ha fatto tutta questa riforma senza ascoltare certe associazioni. E’ vero?
«Abbiamo fatto centinaia di incontri in quest’ultimo anno, seminari, convegni, ho incontrato le associazioni delle malattie rare, i medici specialisti, i medici di famiglia, gli operatori e i manager. Poi però è arrivato il momento di chiudere con il ministero dell’Economia e con le Regioni. Lunedì scorso abbiamo definito l’accordo tecnico e questa settimana ci siederemo al tavolo Stato-Regioni per l’incontro decisivo».

 

 

 

 

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