Il mercato cinese dei farmaci anti-diabete è particolarmente interessante, cresce del 20% l’anno: vuoi per l’effetto del cambio delle abitudini alimentari vuoi per la maggiore attenzione alle cure sanitarie
Corriere della Sera, martedì 16 dicembre 2014
Nel Paese famoso, a torto o a ragione, per la sua burocrazia, il costo del lavoro e i rischi di delocalizzazione, storie così non capitano tutti i giorni e quindi vale la pena di raccontarle. Il gruppo si chiama Eli Lilly ed è tra i primi dodici al mondo nella classifica delle big pharma, lo stabilimento italiano già c’è, a Sesto Fiorentino, e proprio da quest’impianto è uscito venerdì scorso il primo lotto di cartucce di insulina dirette in Cina. Per il farmaco anti-diabete lavorano direttamente 550 addetti a cui ne vanno aggiunti un altro migliaio tra quadri, impiegati e forza vendita. Grazie (anche) alla decisione di esportare a Pechino tecnici e operai passeranno a 700 e del resto già dall’inizio (nel 2009) la fabbrica era stata pensata con logica modulare.
Sesto sta dando grandi soddisfazioni alla Eli Lilly tanto che la capacità produttiva è stata via via aumentata (è prevista una quarta linea produttiva) e presto dall’impianto uscirà anche un nuovo farmaco antidiabetico non ancora in commercio. Per ora di cartucce se ne producono 230 milioni l’anno e 12 milioni saranno destinate alla Cina. Diventeranno 16 milioni già nel 2016. Per quattro-cinque anni sarà la Toscana a rifornire Pechino e, nel frattempo, saranno gli ingegneri italiani – e non quelli americani – a realizzare in Asia un impianto gemello. Del resto il mercato cinese dei farmaci anti-diabete è particolarmente interessante: vuoi per l’effetto del cambio delle abitudini alimentari vuoi per la maggiore attenzione alle cure sanitarie le vendite segnano incrementi del 20 per cento l’anno.
A dirigere lo stabilimento fiorentino è una manager italiana, Olivia Bacco, laurea in ingegneria civile, quaranta anni e due figli, che ha già avuto modo di fare un’esperienza di quattro anni nel quartier generale di Indianapolis. La verità è che l’Italia è diventata negli anni della crisi un grande hub manifatturiero dell’industria farmaceutica grazie a un elevato contenuto tecnologico e una fortissima propensione all’export. Se ce lo avessero detto qualche anno fa molti di noi non l’avrebbero creduto possibile.
Dario Di Vico