Veronica Sansonetti – 20/02/2017 – formiche.net
IL SEMINARIO
Sono questi alcuni degli elementi emersi dalla ricerca del centro studi Cerm (Competitività, Regole, Mercati), dal titolo “Innovazione, reti internazionali e spillover di conoscenza – Industria farmaceutica, la prospettiva internazionale e il caso Gsk in Italia”. Il seminario, organizzato da Formiche, si svolgerà domani, martedì 21 febbraio, dalle ore 15 presso il Montecitorio Meeting Center (via della Colonna Antonina 52).
CHI CI SARÀ
IL CASO GSK
La ricerca del Cerm si è soffermata anche su GlaxoSmithKline (GSK), il gruppo multinazionale che con le sue consociate italiane fattura circa 1,8 miliardi di euro e genera poco meno di un miliardo di valore aggiunto. “Nel nostro Paese – si legge nella ricerca – Gsk ha costituito una vera e propria filiera del farmaco, in grado di servire circa 120 destinazioni estere. Le attività italiane del gruppo rappresentano poi un interessante caso di studio per la capacità di stabilire collaborazioni di ricerca in grado di valorizzare e sostenere centri di ricerca e nuclei di competenze eccellenti all’interno del sistema della ricerca non industriale. Basti pensare alle collaborazioni che, a partire dal 2010, sono state avviate con Telethon e Fondazione San Raffaele per lo sviluppo di terapie per sette diverse malattie genetiche”.
Notizie correlate:
Case farmaceutiche e corruzione: lo scandalo planetario
Sfide e potenzialità dell’industria farmaceutica. Report Cerm
L’importanza del settore farmaceutico, il ruolo della Ricerca e Sviluppo e il caso GlaxoSmithKline, primo investitore estero in Italia. Sono questi i temi al centro di una ricerca del centro studi Cerm (Competitività, Regole, Mercati), dal titolo “Innovazione, reti internazionali e spillover di conoscenza – Industria farmaceutica, la prospettiva internazionale e il caso Gsk in Italia”, presentata questo pomeriggio al Montecitorio Meeting Center (via della Colonna Antonina 52).
Lo studio è stato illustrato dal professor Fabio Pammolli, presidente del Cerm e autore della ricerca con Armando Rungi (Imt Alti studi Lucca). Al dibattito organizzato da Formiche hanno preso parte Luc Debruyne, presidente Global Vaccines di Gsk, ed i parlamentari Emilia De Biasi, presidente commissione Salute al Senato, Maria Rizzotti, vicepresidente commissione Salute al Senato, e Federico Gelli, deputato e responsabile Sanità del Pd.
LA PRODUZIONE
La produzione farmaceutica è tradizionalmente concentrata in pochi Paesi. E così – secondo gli studiosi – sarà anche in futuro, con circa l’85% della produzione dei farmaci proveniente dalle stesse aree geografiche (Europa, Stati Uniti e Giappone), dove ci sono i migliori laboratori e le competenze necessarie. Il 47% della domanda mondiale di prodotti farmaceutici è coperta dalle dieci maggiori compagnie, sei delle quali in Europa e quattro negli Stati Uniti.
I PAESI LEADER
Negli ultimi anni il peso del settore farmaceutico è cresciuto sia negli Stati Uniti sia in Unione Europea, arrivando a generare oggi il 5-6% del valore del manifatturiero. Ma nel suo complesso l’Unione Europea è leader nella produzione, più degli Stati Uniti. Questo primato appartiene all’Unione Europea già a partire dagli anni 90, quando ha superato in valore aggiunto gli Stati Uniti, che tuttavia fatturano ancora intorno ai 187 miliardi di euro, a fronte dei circa 244 miliardi di euro di fatturato della UE.
Seppur non membro dell’UE, in Europa il più grande Paese produttore è la Svizzera, con 60.8 miliardi di euro di fatturato e 16.7 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2014. Tra gli Stati UE, la Germania è il primo produttore per un valore pari a un quinto del totale comunitario, circa 42 miliardi di euro di fatturato che generano circa 17.1 miliardi di valore aggiunto. Italia, Francia, Regno Unito e Irlanda seguono tra i Paesi membri come leader in Europa e nel mondo. In particolare, l’Italia risulta dallo studio seconda per valore della produzione farmaceutica, subito dopo la Germania.
IL CONTRIBUTO DEL SETTORE FARMACEUTICO ALLA CRESCITA
A livello di impresa i tassi di crescita del fatturato del settore farmaceutico hanno minori fluttuazioni rispetto ad altri settori e mostrano una maggiore persistenza. I motivi di ciò secondo gli studiosi del Cerm risiedono nel fatto che il settore ha una domanda stabile, gode di economie di scala e di scopo, ed è tra i più innovativi. “Se il settore avesse seguito il trend del manifatturiero, le perdite in termini di produzione e occupazione sarebbero state molto maggiori”, si legge nella ricerca.
Anche i flussi commerciali del settore farmaceutico sono cresciuti molto più velocemente della media del manifatturiero. In 20 anni le esportazioni sono cresciute di quasi 9 volte i valori (correnti) del 1995, nello stesso periodo il totale del manifatturiero è cresciuto di 3,4 volte (sempre a valori correnti).
LE IMPRESE FARMACEUTICHE IN ITALIA
Secondo i più recenti dati di Farmindustria, il nostro Paese è secondo per valore della produzione farmaceutica, subito dopo la Germania, ed esporta circa il 73% dell’intera produzione, prevalentemente all’interno della stessa Unione Europea. Nel 2015, l’indotto generato localmente è pari a circa 6,4 miliardi di euro, includendo beni e servizi intermedi (incluse le attività R&S) prodotti in Italia.
La produzione manifatturiera farmaceutica è presente in modo diffuso sul territorio in 12 regioni su 20, ma con una forte concentrazione in Lombardia e in Lazio, che fatturano rispettivamente 3,4 e 1,8 miliardi di euro. Nel complesso, nel 2015 l’Istat riporta che sono attive in Italia 464 imprese farmaceutiche in grado di occupare un totale di circa 64 mila lavoratori.
Secondo l’Istat inoltre il settore apporta il 4% del valore aggiunto totale prodotto da tutto il manifatturiero, senza contare gli indotti di valore creato dall’interazione con altri settori a monte, fornitori di beni e servizi per la produzione farmaceutica.
Forte è inoltre la componente di investimenti diretti dall’estero. Il settore è infatti tra i più internazionali in Italia. 10 su 13 dei maggiori produttori farmaceutici italiani sono gruppi esteri multinazionali. Alcuni hanno forte radicamento storico e territoriale nel nostro Paese, come nel caso di Gsk la cui prima consociata estera in Italia risale al 1932.
Le multinazionali del farmaco creano e distribuiscono valore in Italia per circa il 58% dell’intero settore e occupano circa il 54% del totale degli addetti.
I NUMERI ITALIANI DEL SETTORE
Tra dipendenti, collaboratori autonomi e lavoratori temporanei il settore in Italia occupa un totale di circa 63.500 addetti, di cui 6.100 sono addetti ad attività di R&S.
Al 2015, il settore riportava progetti di investimento pari a 2,6 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi solo per attività di R&S.
Anche grazie alla ricerca svolta in Italia, che si specializza sempre più in ambiti quali le biotecnologie, i vaccini, gli emoderivati, le terapie avanzate, le malattie rare e la medicina di genere, nel mondo Farmindustria riporta che ci sono in sviluppo più di 7 mila farmaci.
IL RUOLO DI GSK
Oltre ad essere il primo investitore estero in Italia, il gruppo GlaxoSmithKline è il primo gruppo farmaceutico per presenza industriale con oltre 5000 addetti, 3 centri di eccellenza produttivi, 1 centro di eccellenza nelle arti grafiche ed un Centro Ricerche internazionale (uno dei tre centri mondiali di GSK per la ricerca nei vaccini) dove operano oltre 500 collaboratori, provenienti da tutto il mondo. Le attività dell’azienda coprono l’intero ciclo industriale, dalla ricerca clinica alla produzione e commercializzazione di farmaci e vaccini, oltre all’informazione scientifica e alla farmacovigilanza.
Analizzato come caso di studio dal Cerm, Gsk in Italia genera maggior valore della media delle imprese del Gruppo nel resto d’Europa. Le attività a più alto valore del gruppo sono quelle presenti negli Usa. “Maggior valore aggiunto (circa 1 mld di euro nel 2015) implica maggiori redditi distribuiti a lavoro (salari), capitale (dividend) e fisco”, osservano gli studiosi.
GLI INVESTIMENTI
Pochi problemi sono stati riscontrati dalla ricerca sul versante dell’investimento privato in concessioni, brevetti e licenze delle imprese attive in Italia, che non è da meno di quello di altri Paesi europei. I dati relativi al 2012, ultimo anno disponibile, riportati dallo studio del Cerm vedono l’Italia terzo Paese investitore, dopo Germania e Olanda e prima di Regno Unito e Belgio. In generale, la Ricerca e Sviluppo del settore farmaceutico in Italia occupa circa 6.100 addetti, per un complessivo livello di investimenti pari a 1.415 milioni di euro (dati Farmindustria, 2016).
IL PROBLEMA DELL’ITALIA
Diversa la prospettiva se si osserva piuttosto l’incidenza dei fondi pubblici: “Tra il 2011 e il 2015 c’è stata una netta diminuzione, pari al 18.5% degli stanziamenti per R&S pubblica (Stato, regioni ed enti locali) destinati alla ‘Protezione e promozione della salute umana’, passando da 964 a 785 milioni di euro (Eurostat). Le imprese farmaceutiche in Italia hanno potuto compensare solo in parte la diminuzione di fondi pubblici con proprie risorse interne, in linea comunque con un cambio di strategia degli ultimi anni, che vede la possibilità di stabilire collaborazioni esterne in alternativa alla ricerca intra-muros”, si legge sul report del centro studi.
Vi racconto numeri e sfide dell’industria farmaceutica in Italia. Parla l’economista Pammolli (Cerm)
Il presidente del Cerm, Fabio Pammolli, racconta i risultati di uno studio sull’industria farmaceutica
“Innovazione, reti internazionali e spillover di conoscenza – Industria farmaceutica, la prospettiva internazionale e il caso Gsk in Italia”. È stato questo il titolo dell’evento organizzato da Formiche il 21 febbraio a Roma al Montecitorio Meeting Center (via della Colonna Antonina, 52) durante il quale sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta dal centro studi Cerm (Competitività, Regole, Mercati) sul settore farmaceutico.
CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DELLO STUDIO DEL CERM SULL’INDUSTRIA FARMACEUTICA. FOTO PIZZI
Lo studio è stato illustrato dal professor Fabio Pammolli, presidente del Cerm e autore della ricerca con Armando Rungi (Imt Alti studi Lucca). Ecco gli elementi principali emersi sull’industria farmaceutica in Italia e nel mondo: nel 2015 il commercio di prodotti farmaceutici è aumentato in volume nove volte il valore che aveva nel 1995. Tra i Paesi dell’Unione, l’Italia si piazza al secondo posto dopo la Germania per fatturato, ed esporta circa il 73% dell’intera produzione. Nel mondo, più di 7.000 medicinali sono attualmente in fase di ricerca e sviluppo, anche grazie all’impegno dei ricercatori e delle istituzioni di ricerca localizzati nel nostro Paese. Nel solo 2015, sono stati spesi circa 1,5 miliardi di euro in farmaceutica e biotech, di cui circa il 90% provenienti dal comparto privato, occupando 6.100 addetti alla R&S. (Leggi qui i principali risultati del report del Cerm)
Al dibattito hanno preso parte Luc Debruyne, presidente Global Vaccines di Gsk, Daniele Finocchiaro, presidente e amministratore delegato di Gsk Italia, Marco Simoni, consigliere economico di Palazzo Chigi e Federico Gelli, deputato e responsabile Sanità del Pd. In sala anche lo scienziato Rino Rappuoli, amministratore delegato di Gsk Vaccini Italia, noto per i suoi studi sulla prevenzione di malattie pericolose e mortali come la meningite, Annarosa Racca, presidente di Federfarma (Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani) e Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg (Federazione medici di medicina generale).
CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DELLO STUDIO DEL CERM SULL’INDUSTRIA FARMACEUTICA. FOTO PIZZI
Dopo l’analisi dell’impatto dell’industria farmaceutica in Italia, al Momec si è parlato principalmente di vaccini, con riferimento al recente piano nazionale del governo, e della candidatura di Milano come possibile sede per accogliere l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco con sede a Londra, in cerca di dimora per effetto della Brexit. “Credo che il nostro Paese non sia ancora sufficientemente maturo nel decidere autonomamente cosa è giusto e cosa non è giusto sul tema della vaccinazione. Purtroppo le campagne di informazione e di comunicazione che hanno un maggiore appeal non sono quelle che fanno le istituzioni o il settore della corretta informazione, ma sono banalmente i social. Il doctor Google o il doctor Facebook, come sono stati definiti, hanno molta più forza di quanto possono avere i colleghi di medicina generale attraverso il loro sforzo continuo nel cercare di spiegare ai genitori di un bambino quanto sia fondamentale vaccinare il proprio figlio”, ha spiegato Gelli sui vaccini.
Non sono mancati riferimenti al progetto dello Human Technopole, centro dedicato alla medicina predittiva che sorgerà all’interno dell’area Expo. (Qui tutti i dettagli)
Tutti gli approfondimenti dell’evento organizzato da Formiche
L’industria farmaceutica, l’Italia e l’export. Lo studio del Cerm
Vaccini, cosa pensano governo e industria farmaceutica
Sfide e potenzialità dell’industria farmaceutica. Report Cerm