Landini: «La dignità dei lavoratori viene prima dei profitti»
“Siamo dentro una pandemia energetica e salariale, sono molto preoccupato che a un certo punto la situazione scappi di mano, con il gas razionato, i lavoratori in Cig a metà stipendio e le bollette raddoppiate“. In un’intervista al quotidiano La Repubblica, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, parla di “tempesta perfetta” e chiede “subito un nuovo intervento per famiglie e imprese da finanziare ridistribuendo tutti gli extraprofitti, non solo quelli delle aziende energetiche, ma ad esempio anche quelli di banche e farmaceutici, mai così alti da 10-12 anni“.
Per il numero uno della Cgil “tutti insieme dobbiamo evitare il rischio di avere nei prossimi mesi imprese che cessano, chiudono e licenziano“. E rilancia la proposta di tassare gli extraprofitti delle grandi aziende: “Chi fa extraprofitti – e li fa perché chi lavora ha pagato bollette esorbitanti per la speculazione oppure perché ha guadagnato moltissimo con la pandemia – ha una responsabilità sociale. Non stiamo parlando di un intervento strutturale, ma di redistribuire l’extra – non gli utili ordinari, ma l’extra – a lavoratori, pensionati e imprese che rischiano di saltare. Singolare poi che soggetti, alcuni dei quali a controllo pubblico, possano dire che la tassa è incostituzionale. È costituzionale impedire alle persone di arrivare alla fine del mese?”.
“Già da maggio – ricorda Landini – i sindacati avevano chiesto al governo di aprire un tavolo straordinario sulle politiche energetiche. Siamo di fronte a un passaggio epocale che riguarda il futuro della nostra manifattura. Abbiamo bisogno di uscire dalle fonti fossili, eppure ci sono decine e decine di imprese pronte a investire sulle rinnovabili con le pratiche bloccate. Non si può dire che tutto sta cambiando e poi non cambia nulla. Anzi con il rischio di tornare indietro”.
N.d.R.
Oltre alla normale tassazione che grava su tutte le imprese e sul lavoro, ricordiamo che le aziende farmaceutiche sono costrette per legge a versare un contributo pari al 5% dell’ammontare complessivo della spesa sostenuta nell’anno precedente per le attività di promozione al netto delle spese per il personale addetto ed autocertificata dalle stesse aziende. Sono maturati nel 2021 a tale titolo euro 21.302.778
C’è anche la cosddetta “annual fee” dovuta dalle aziende farmaceutiche per ciascuna autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), cioè ogni azienda farmaceutica deve versare ad AIFA 1.000 euro all’anno per ogni farmaco che ha in commercio. Risulta pari ad euro 8.470.852, sempre a bilancio AIFA nel 2021
Ci sono inoltre le autorizzazioni di convegni e congressi che si riferiscono alle risorse derivanti all’AIFA dal versamento effettuato delle aziende farmaceutiche a titolo di tariffa per il rilascio delle autorizzazioni ad effettuare convegni e congressi. È pari ad euro 3.300.319. Più rimborso spese di euro 1.249.387.
Le erogazioni dell’industria farmaceutica però non si fermano qui. AIFA provvede ad incassare il cosiddetto payback che poi distribuisce alle regioni. Per l’anno 2020 è stato di euro 1.395.816.315,70. Per payback s’intende la cifra che le aziende devono versare per ripianare il 50% del disavanzo della spesa farmaceutica per acquisti diretti o per conto da parte delle regioni. Tale cifra è dovuta allo sfondamento del tetto programmato del 6,89% per tale spesa, appositamente sottostimato. È già questa una tassa sull’extraprofitto?
Con questo non vogliamo certo prendere le parti delle aziende farmaceutiche, che non sono OnLus, e che sanno benissimo come farlo. Ma obiettivamente ci sembrano già gravate da fin troppi balzelli.
“Non possiamo riversare gli aumenti a valle, ovvero sul consumatore, dato che in larga parte i prezzi sono concordati con Aifa e regolamentati. Questa crisi energetica determina effetti indiretti aggiuntivi per le aziende farmaceutiche, con incrementi di tutti i fattori della produzione, materiali, imballaggi, manutenzioni, fiale, packaging che è fatto di materiale cartaceo, che mediamente sono cresciuti solo nel primo semestre 2022 del 40% rispetto all’anno scorso”.
A fianco all’incremento dei costi, “vi è anche un problema di carenza di materia prima, teniamo presente che l’85% degli ingredienti che arrivano in Europa per produrre medicinali arrivano da Cina e India”.
Una situazione di grande rischio per le aziende produttrici, che rischiano di non poter più mantenere la loro operatività.
A questo incremento dei costi, a fronte di un’inflazione che a luglio ha toccato l’8%, i prezzi al consumo dei farmaci con prescrizione sono scesi dell’1%, effetto di scadenze di brevetto o rinegoziazioni con Aifa.
Dunque “no alla revisione dei prontuari, anzi – ammonisce – bisogna dare più risorse alla salute, alla spesa in farmaci, in primis ospedaliera, anche per andare a risolvere il problema del payback”, che grava ulteriormente sulle imprese.
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