Ma questi capitoli entreranno forzatamente nel documento di programmazione ecomomica.
I conti pubblici sono peggiori di quelli del 1992. Non lascia molto spazio a interpretazioni la dichiarazione resa dal ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, che ieri ha incontrato i leder delle tre confederazioni sindacali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, rispettivamente per Cgil, Cisl e Uili e una delegazione di Confindustria con alla testa il direttore generale Maurizio Beretta. Con queste premesse è stato inevitabile l’annuncio di una manovra aggiuntiva, il cui importo si stima in mezzo punto percentuale del Pil, vale a dire circa 7 miliardi di euro; però, dice il Ministro, “non conterrà né tagli agli enti locali, né alle pensioni, né al Pubblico impiego e né alla sanità”, ma sarà basata sulla lotta all’evasione fiscale. Questo non significa, però, che la Sanità non sarà toccata. Secondo indiscrezioni filtrate mentre la riunione era ancora in corso, sarà il Dpef a indicare quali misure strutturali attuare per ridurre la spesa di enti locali, pubblico impiego e sanità; allo stesso documento saranno inoltre rinviate le eventuali misure relative al sistema pensionistico. La ridefinizione di questi capitoli di spesa appare necessaria se si considera che manovra aggiuntiva e prossima Finanziaria, si deve raggiungere una riduzione della spesa pubblica pari a 3 punti di Pil.
E’ ovviamente presto per dire se si tratterà di tagli o di recupero di risorse ,attraverso la lotta a eventuali sprechi. Vale la pena di ricordare, al proposito, le recenti dichiarazioni di Sergio Licheri, direttore generale dell’Istituto superiore di Sanità. Secondo Licheri esiste una rilevante quota di sommerso ( stimabile attorno al 25%) nella spesa sanitaria, fondi che vengono spesi senza che sia però possibile stabilire come, per l’assenza di sistemi efficaci di controllo. In questa direzione, cioè la riduzione degli sprechi, vanno anche le misure proposte dal Ministro Turco, come l’istituzione di un ticket “punitivo” per chi prenota prestazioni e non si presenta il giorno dell’appuntamento o chi si sottopone a test diagnostici per poi non ritirare il referto. Alcuni, come il presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Amedeo Bianco, hanno del resto fatto notare come la spesa sanitaria pubblica si scesa in termini di percentuale del Pil (dal 6,3% al 5,6% nel periodo tra il 1993 e il 1996). Del resto, anche i rapporti OCSE hanno indicato che la spesa sanitaria pubblica italiana è oggi al di sotto della media dei paesi industrializzati.
I conti pubblici sono peggiori di quelli del 1992. Non lascia molto spazio a interpretazioni la dichiarazione resa dal ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, che ieri ha incontrato i leder delle tre confederazioni sindacali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, rispettivamente per Cgil, Cisl e Uili e una delegazione di Confindustria con alla testa il direttore generale Maurizio Beretta. Con queste premesse è stato inevitabile l’annuncio di una manovra aggiuntiva, il cui importo si stima in mezzo punto percentuale del Pil, vale a dire circa 7 miliardi di euro; però, dice il Ministro, “non conterrà né tagli agli enti locali, né alle pensioni, né al Pubblico impiego e né alla sanità”, ma sarà basata sulla lotta all’evasione fiscale. Questo non significa, però, che la Sanità non sarà toccata. Secondo indiscrezioni filtrate mentre la riunione era ancora in corso, sarà il Dpef a indicare quali misure strutturali attuare per ridurre la spesa di enti locali, pubblico impiego e sanità; allo stesso documento saranno inoltre rinviate le eventuali misure relative al sistema pensionistico. La ridefinizione di questi capitoli di spesa appare necessaria se si considera che manovra aggiuntiva e prossima Finanziaria, si deve raggiungere una riduzione della spesa pubblica pari a 3 punti di Pil.
E’ ovviamente presto per dire se si tratterà di tagli o di recupero di risorse ,attraverso la lotta a eventuali sprechi. Vale la pena di ricordare, al proposito, le recenti dichiarazioni di Sergio Licheri, direttore generale dell’Istituto superiore di Sanità. Secondo Licheri esiste una rilevante quota di sommerso ( stimabile attorno al 25%) nella spesa sanitaria, fondi che vengono spesi senza che sia però possibile stabilire come, per l’assenza di sistemi efficaci di controllo. In questa direzione, cioè la riduzione degli sprechi, vanno anche le misure proposte dal Ministro Turco, come l’istituzione di un ticket “punitivo” per chi prenota prestazioni e non si presenta il giorno dell’appuntamento o chi si sottopone a test diagnostici per poi non ritirare il referto. Alcuni, come il presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Amedeo Bianco, hanno del resto fatto notare come la spesa sanitaria pubblica si scesa in termini di percentuale del Pil (dal 6,3% al 5,6% nel periodo tra il 1993 e il 1996). Del resto, anche i rapporti OCSE hanno indicato che la spesa sanitaria pubblica italiana è oggi al di sotto della media dei paesi industrializzati.
Da Doctornews33