Si chiama Sick Building Syndrome, SBS, meglio nota come la Sindrome degli edifici malati. Già nel 1984 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva affermato che gli edifici di nuova costruzione erano stati creati con il 30% circa di materiali tossici e quindi presentavano problemi di qualità dell’aria interna. Situazione aggravata dalla presenza di inquinanti biologici come pollini e muffe, che portano l’attenzione alla qualità dell’aria a un livello sempre più alto. Sempre secondo le stime dell’OMS ciò potrebbe essere causa di malessere tra il 10 e il 30% di coloro che vivono o lavorano negli stabili interessati.
Sanità Informazione interroga in merito Paolo Carrer,
«Due fattori hanno reso questo malessere una realtà in molte abitazioni e uffici a partire dagli anni ‘70. Una politica di risparmio energetico, che ha visto sorgere edifici sempre più ermetici, e il diffondersi del lavoro d’ufficio (n.d.r. e del lavoro da remoto), che ha portato la maggior parte della popolazione a trascorrere gran parte del tempo in ambienti chiusi (circa l’80% della propria giornata), e ha fatto sì che in molti occupanti sorgesse un malessere diffuso imputabile alla qualità dell’aria che si respira all’interno di questi edifici».
«Uno dei fattori più frequenti – sottolinea Carrer – è l’aria troppo secca presente durante i mesi invernali che determina anche una maggiore diffusione delle infezioni. Tra l’altro si è osservato che quando l’aria è troppo secca viene favorito il contagio da Covid e da influenza; pertanto, è fondamentale monitorare l’umidità dell’aria e mantenerla in un range ottimale, ad esempio tra il 40 e il 60%». Anche la presenza di muffe e funghi così come il fumo di sigarette o candele possono essere espressione di un edificio malato.»
La Sindrome dell’edificio malato ( SBS) secondo il Ministero della Salute indica un quadro sintomatologico ben definito, che si manifesta in un elevato numero di occupanti edifici moderni o recentemente rinnovati, dotati di impianti di ventilazione meccanica e di condizionamento d’aria globale (senza immissione di aria fresca dall’esterno) e adibiti a uffici, scuole, ospedali, case per anziani, abitazioni civili.
Le manifestazioni cliniche sono aspecifiche, insorgono dopo alcune ore di permanenza in un determinato edificio e si risolvono in genere rapidamente, nel corso di qualche ora o di qualche giorno (nel caso dei sintomi cutanei) dopo l’uscita dall’edificio.
«Molti lavoratori lamentano ad esempio irritazione o sabbia negli occhi piuttosto che affaticamento e disturbi dell’attenzione, ma anche stanchezza, sonnolenza e a volte percepiscono odori sgradevoli o correnti d’aria. Quando si riscontra un malessere costante sul luogo di lavoro è bene rivolgersi al medico di medicina generale e al medico del lavoro – sottolinea Carrer -. Contestualmente, se i sintomi si presentano solo in occasione della permanenza in un edificio, occorre segnalare la situazione anche al responsabile della sicurezza dei lavoratori che dovrà poi verificare se esistono problemi di inquinamento o nell’areazione e apportare i correttivi necessari per avere una qualità dell’aria libera da inquinanti, con temperatura e umidità ottimali».
L’eziologia è ancora sconosciuta, probabilmente multifattoriale e variabile da caso a caso. Fattori legati agli edifici, ai sistemi di condizionamento e di ventilazione, ai programmi di manutenzione, al tipo e all’organizzazione del lavoro e fattori personali svolgono certamente un ruolo rilevante.
La legge non ammette mancanze: l’articolo 2087 del Codice civile obbliga il datore di lavoro a tutelare la salute dei propri dipendenti, mentre il Decreto legislativo 81/2008 ha stabilito una serie di procedure da seguire per prevenire malattie e infortuni sul lavoro, compresi i danni da esposizione quando si evidenzia una sindrome da edificio malato.
«Per quanto riguarda le abitazioni è l’inquilino il primo responsabile della qualità dell’aria dell’abitazione e quindi spetta a lui verificare se l’aria non sia troppo secca o umida o se non ci siano comportamenti che in qualche modo espongono chi vive nell’edificio ad una forma di inquinamento dell’aria o acustico – aggiunge Carrer – Purtroppo per chi non rispetta le regole di buon vicinato, oggi ci sono poche soluzioni, anche se, in prospettiva futura, si sta cercando di rendere centrale il tema e c’è una grossa attenzione a livello europeo affinché la normativa sul risparmio energetico salvaguardi anche la salute di chi vive o lavora nell’edificio».
Per contrastare la Sindrome degli edifici malati e ottenere una qualità dell’aria indoor ottimale è opportuno agire sulla prevenzione. «Per questo bisogna mantenere gli ambienti privi di sorgenti di inquinamento e sempre puliti – conclude Carrer – così come gli impianti idraulici per evitare la formazione di muffa, parassiti e agenti patogeni che potrebbero essere poi inalati o provocare disturbi allergici. Un prezioso contributo è dato dalla maggiore disponibilità di alcuni sensori, anche a basso costo, che sono in grado di tenere sotto controllo temperatura e umidità, ma anche anidride carbonica, formaldeide e compositi organici volatili. Questo permette, in caso di valori elevati, di intervenire velocemente per correggere le anomalie e ridurre l’inquinamento».
In Italia già da molti anni sono riportati episodi significativi, ma non sono stati eseguiti studi epidemiologici su larga scala che abbiano interessato più edifici. Anche nell’esperienza italiana, secondo il Ministero della Salute, le alterazioni dei parametri ambientali, sebbene in alcuni casi significative, non sembrano da sole poter giustificare l’elevatissima prevalenza di una sintomatologia così complessa e strettamente correlata con la permanenza negli edifici studiati.
Alcuni studi italiani hanno focalizzato l’attenzione sui costi, in termini puramente economici, di episodi di SBS, confermandone l’elevato impatto sociale.
Ministero della Salute – Sindrome dell’edificio malato – Sick building syndrome
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