30.3.13 Sonia Scarlata Cervelliamo
La ricerca farmaceutica italiana, con poche eccezioni, è praticamente inesistente e, ormai, in gran parte si occupa di farmaci equivalenti.
Le ragioni per cui siamo ridotti piuttosto male sono molte, la prima è certamente legata al passato.
Fino al 1978 l’industria farmaceutica italiana era molto fiorente, perché poteva copiare grazie all’assenza di una legge riguardante la brevettabilità dei farmaci.
Poi le cose si sono complicate perché gli utili sono serviti soprattutto a ingrandire e modernizzare la produzione e a investire in propaganda per aumentare le vendite.
Come le cicale, ci si è dimenticati di preparare il futuro, investendo in ricerca.
E quando le industrie straniere hanno capito che l’Italia era un mercato appetibile, lo hanno rapidamente conquistato.
Tuttavia, altri fattori hanno giocato un ruolo importante: il primo è stato l’atteggiamento di abbandono della ricerca scientifica da parte di vari governi italiani, indipendentemente dal colore politico.
E poi c’è l’individualismo che caratterizza gli imprenditori italiani e che ha sostanzialmente impedito il formarsi di una nazionale farmaceutica di dimensioni adatte a sostenere il mutare delle necessità terapeutiche.
Ogni grande Paese europeo ha almeno una multinazionale del farmaco, mentre invece l’Italia ne è assolutamente priva.
Ma si può dire che è ancora possibile colmare questo grosso divario, anche perché si potrebbe sfruttare questo periodo di transazione in cui c’è una grande carenza di innovazione farmaceutica in tutto il mondo.
Le condizioni non sono semplici, perché è necessario prima di tutto una guida da parte del governo, che stabilisca condizioni vantaggiose per una fusione delle varie aziende, e poi serve la volontà delle aziende di mettere in comune le risorse per un lungo periodo di tempo, considerando che dieci anni sono il minimo necessario per passare da un’idea al suo prodotto.
Un’iniziativa del genere potrebbe coinvolgere gruppi accademici e no profit, che potrebbero rappresentare una rete capace di proporre scoperte e partecipare allo sviluppo.
La tanto attesa "ripresa" italiana non può assolutamente ignorare il settore farmaceutico, anche in considerazione dell’importanza strategica che questo riveste.
L’industria farmaceutica è un settore strategico per ogni Paese, si riuscirà a cambiare mentalità su questo argomento?