di Ivan Cavicchi | 17 dicembre 2012 | Il Fatto Quotidiano
C’è qualcosa di barbarico di cinico di spietato che sta uccidendo di sanità i cittadini del Lazio. Essi pagano eccessi che per essere mantenuti avrebbero avuto bisogno di altri eccessi tendenzialmente infiniti. Invece Bondi e il finito sono la stessa cosa. Come Terminator ha la sua missione da compiere ed è programmato per questo. La coscienza non c’entra lui deve fare il suo lavoro. Come mastro Titta svolge un servizio e cerca di farlo con professionalità… è illogico prendersela con lui… ma prima di arrivargli a tiro… quante cose sporche, quanta corruzione, quanto clientelismo, quanto consenso comprato chiudendo benevolmente gli occhi su tante porcherie.
Primariati, strutture complesse, interi ospedali, convenzioni ai privati… favori in cambio di favori …ora la sanità romana come una fogna intasata di debiti, scoppia travolgendo i poveri cristi. Ma mastro Titta tagliava la testa ai delinquenti, era tutto sommato un giustiziere, Bondi no lui taglia, suo malgrado, le teste ai cittadini, a quelli più inermi, più deboli…che non c’entrano niente. Hai voglia a dire che bisogna rientrare nei ranghi delle compatibilità… tutte cose giuste… perfino eroiche, nessuno mai avrebbe immaginato fosse possibile mettere in ginocchio i potentati sanitari della città eterna… ma intanto sarà per colpa della regola transitiva chi ci rimane sotto sono i poveri cristi. Nei film come per i farmaci si chiamano “effetti collaterali”.
Il dramma, caro Bondi, a parte i tagli è l’inesistenza di una qualche misura di protezione per i cittadini, cioè la mancanza di un piano che governi senza vittime una transizione. ”Fare di più e meglio con meno” è una bella frase ma intanto lei è come se demolisse un palazzo con la gente dentro. La televisione se ne è accorta, la sanità del Lazio ormai tira come l’Ilva, come il processo a Misseri, gli studenti in piazza, le proteste operaie, il ritorno di Berlusconi… ma con la differenza che le persone intervistate nei corridoi degli ospedali, ai pronti soccorsi, nelle sale di aspetto degli ambulatori gridano con la calata romanesca “semo oncologici”,”ce dovemo operà&