I medici vanno a scuola per ottimizzare la prescrizione del farmaco giusto al momento giusto per i propri pazienti. I corsi, organizzati dal Ministero della Salute, tendono a formare i medici di famiglia anche nell’ottica di ottimizzare le risorse medico-farmaceutiche, oltre che quelle economiche, per cercare di curare al meglio i propri pazienti, in modo da evitare loro problemi futuri anche nell’ottica di contenere la spesa farmaceutica.
Si tratta in sostanza di una inversione di tendenza se si pensa che, alcuni anni fa, alcune Regioni, soprattutto poi quelle meno virtuose, emanavano delle circolari nelle quali davano delle indicazioni ai medici di famiglia circa l’individuazione e l’utilizzazione dei farmaci per curare i propri pazienti. Di fatto, a volte si sconsigliava l’uso di alcuni farmaci di fascia economica elevata, e che quindi avrebbero significato una spesa sanitaria considerevole, a vantaggio invece di farmaci più economici, ma a volte non in grado di ottenere gli stessi risultati.
Scelta del tutto errata ovviamente, sia dal punto di vista etico, sia da quello economico. Di fatto quelle linee guida non facevano altro che far levitare i costi della spesa sanitaria regionale, con conseguente maggior indebitamento, situazione che poi portava inevitabilmente a tagli alla sanità. E questo, guarda caso, proprio ad opera di quelle amministrazioni regionali poco virtuose.
Eppure il discorso è molto semplice e sorprende constatare come si possano fare delle valutazioni talmente paradossali ad opera di strutture e persone che invece dovrebbero essere in condizione di fare le scelte giuste.
Prendiamo, per esempio, le malattie cardiovascolari che in Italia rappresentano la prima causa di morte in senso assoluto con il 43% di decessi e anche la maggior spesa sanitaria con il 23% del Fondo Sanitario nazionale. Un soggetto malato di patologie cardiovascolari, se mal curato o non curato col farmaco giusto, seppur di alto costo, ha maggiori probabilità di andare incontro ad eventi infartuali, eventi che oltre a mettere a serio rischio la vita del paziente, rappresentano una spesa sanitaria molto più elevata che non la somministrazione di un farmaco seppur di fascia alta come prezzo. Questo se si pensa che un ricovero medio per un infarto è della durata di 8-10 giorni, ricovero che ha un costo decisamente elevato, e non solo dal momento che un evento infartuale seppur superato prevede una convalescenza durante la quale è necessario fare degli esami di controllo di routine, senza pensare che molte volte è necessario fare ricorso anche ad una coronarografia di controllo, esame dal costo non certamente irrilevante, costo assorbito dal sistema sanitario nazionale.
Il Ministero della Salute ha deciso per un approccio completament