Scaduti, sprechi e inefficienze logistiche delle aziende pubbliche, sanitarie e ospedaliere, vanificano ogni anno il 13% circa della spesa farmaceutica. Risorse preziosissime che il Servizio sanitario nazionale getta al macero per colpa di una gestione di magazzino che in molte strutture, soprattutto dal centro Italia in giù, risulta del tutto inadeguata: farmaci “dimenticati” e lasciati scadere, medicinali acquistati con modalità “in transito” in quantità eccessive anche se in magazzino sono disponibili prodotti omologhi, inventari carenti e via di seguito. L’accusa arriva da Mauro Quattrone, esperto di logistica e consulente dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari: premiato al ForumPa Challenge 2017, il Forum nazionale della Pubblica amministrazione, per il progetto con cui l’Asl 1 abruzzese sta robotizzando il servizio di farmacia dell’ospedale di San Salvatore all’Aquila (in collaborazione con il direttore unico del servizio, Eugenio Ciacco), Quattrone predica da tempo l’urgenza di un cambio di paradigma nel governo della spesa farmaceutica pubblica.
Purtroppo è il risultato di un governo del sistema che mostra pochissima sensibilità per la logistica. Basti dire che, finora, le manovre su farmaci o dispositivi hanno inciso soltanto sul prezzo al pubblico oppure sul prezzi di acquisto dal produttore. E’ stata invece tralasciata del tutto la logistica, anche se farmaci e dispositivi, quando vengono acquistati dalle strutture pubbliche, sono poi stoccati e movimentati nei magazzini ospedalieri.
E qui che cosa succede?
Innanzitutto una premessa: esistono eccellenze di grande rilevanza e il quadro risulta un po’ migliore al Nord e progressivamente peggiore al Centrosud. Detto questo, succede di tutto: farmaci lasciati scadere perché mai utilizzati; quantità eccessive di medicinali acquistati “in transito” – cioè fuori stock – dalle Unità operative nonostante in magazzino ci siano prodotti corrispondenti; assenza di inventari rotativi per allineare i dati informatici con il fisico presente; mancanza di feedback “in running” sui consumi di reparto così come di correlazioni tra richieste di beni e flussi di consumo.
Ma stiamo parlando di eccezioni o della normalità?
Queste non sono anomalie, è la regola che contraddistingue molte strutture ospedaliere. Ne vuole un’altra? Quando si effettuano ordinativi, l’abitudine più diffusa è quella di basarsi sugli acquisti dell’anno precedente, cioè sullo storico. Non c’è alcuna “forecast analysis” della domanda interna.
Ovviamente no, neanche ne sono coscienti. Anche perché la sensibilità verso la logistica è ridottissima. Poco tempo fa, il direttore di un’importante ospedale del nord Italia ammise in un incontro di non avere mai visitato il suo magazzino.
Insomma, i dati sui costi di sistema della distribuzione diretta così come della spesa ospedaliera sono ben lontani dalla realtà…
Non può essere altrimenti. Uno studio che effettuammo un paio di anni fa in tredici strutture ospedaliere rivelò che nessun magazzino disponeva di certificazione di qualità, la quasi totalità delle richieste provenienti dai reparti era inoltrata in formato cartaceo, non c’erano indicatori di performance, mancavano sistemi indicativi alfabetici e non c’era traccia di barcode o tags, eccezion fatta per i farmaci.
Le soluzioni?
Il problema è che nella grande maggioranza dei magazzini il personale è costituito da lavoratori non qualificati, magari trasferiti da altre divisioni in seguito a riorganizzazioni: operai, impiegati eccetera. Servirebbero invece figure qualificate come quella del planner logistico, che già è presente da tempo nei magazzini dell’industria farmaceutica.
Già, il privato. Com’è a confronto con il pubblico?
C’è una distanza immane.
(AS – 05/06/2017 – Federfarma)
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