La questione è vecchia di anni: l’assistente di farmacia è una figura professionale prevista dalla legislazione ticinese e non richiede il conseguimento della laurea in farmacia, anche se tra i compiti al banco ci sono anche il consiglio e la vendita di medicinali (sotto la responsabilità del farmacista). In tutto il cantone sono circa ottocento le persone assunte con tale qualifica, che prevede un apprendistato di tre anni con diploma finale. Lo stipendio è regolato da un contratto collettivo di lavoro e il salario mensile parte da 3.250 franchi svizzeri (circa tremila euro) per arrivare dopo cinque anni a oltre 4.300 franchi (circa 4mila euro). Il risultato, denuncia da anni l’Ataf, è che un numero crescente di farmacie ticinesi preferisce assumere farmacisti italiani, che accettano stipendi inferiori (ma pur sempre maggiori rispetto all’Italia) e non sono vincolati al contratto di categoria. Finora le autorità avevano sempre minimizzato (gli italiani assunti come assistente sarebbero in tutto una cinquantina, aveva detto un paio di anni fa il responsabile del servizio farmaceutico cantonale, Giovanni Maria Zanini, al Corriere della Sera) ma alla fine le pressioni dell’Ataf hanno avuto il sopravvento.