“Nello scenario peggiore di Grexit – si legge – crediamo che l’integrità della catena di fornitura dei farmaci possa essere in pericolo, cosa che creerebbe un rischio per la salute pubblica. Crediamo dunque che sia prudente e responsabile assicurare un dialogo tra la Commissione e le industrie farmaceutiche su piani concreti di emergenza”.
Ma gli industriali del farmaco puntano anche il dito contro un possibile aumento dell’export parallelo, “che potrebbe causare carenze” di medicinali. Un fenomeno normale, quello delle esportazioni parallele, che potrebbe però con l’uscita dall’euro moltiplicarsi e compromettere la disponibilità di medicine nel Paese. Le aziende sottolineano la necessità di dialogo, di piani mirati e concordati per gestire al meglio a situazione.
“Oltre alla necessità imperativa di assicurare l’accesso ai farmaci ai pazienti n Grecia, è importante che le conseguenze economiche sui legittimi interessi commerciali delle compagnie farmaceutiche siano ridotte al minimo”. In ballo anche la questione del futuro prezzo dei farmaci in una Grecia fuori dall’euro e l’adattamento alla nuova moneta. Insomma, per l’Efpia i problemi sul tavolo sono molti, e occorre un incontro per trovare soluzioni.
Code in farmacia, razionamenti. Grecia, prove di un’economia di guerra
Ad Atene i residenti, per la prima volta da decenni, si sono rituffati nell’accaparramento
di Federico Fubini, nostro inviato ad Atene – 30 giugno 2015 – CORRIERE DELLA SERA
Dentro la porta della farmacia Venice, una specialista di estetica con il botox, scivola via con un sacchetto in mano. È appena uscita dal lavoro e si è fermata a comprare una scatola in più di un medicinale contro la pressione alta, per sua madre. Non serviva, riconosce la 49enne Venice (che chiede di omettere il cognome), ma ha deciso che avrebbe comprato delle riserve di farmaci non appena ha sentito che ci sarebbe stato il referendum.
Non è la sola, ad Atene. Papharm, il più grande grossista privato di medicine nella capitale greca, ha registrato un incremento della domanda di forniture dalle farmacie fino al 50%. A quel punto l’azienda si è comportata un po’ come la Banca di Grecia, quando due giorni fa ha raccomandato la chiusura delle banche e i controlli sui capitali: anche Papharm ha imposto limiti alla distribuzione di medicine agli esercizi al dettaglio, per non trovarsi con i magazzini vuoti. I suoi fattorini hanno fatto tre o quattro ore di straordinario portando in centinaia di farmacie sacchi pieni di scatole di medicinali importati dalla Germania, dalla Svizzera o dalla Francia. Solo per il latte in polvere da neonati, Papharm ieri ha registrato il raddoppio delle richieste e ha distribuito 1.500 confezioni in più.
Come in Italia si ascoltano le radio dedicate a ogni singola squadra di calcio, in questi giorni ad Atene chiunque nei taxi o nei bar segue le emittenti che parlano ossessivamente del referendum, di Syriza o del premier. Ieri gli ateniesi hanno sentito che Alexis Tsipras aveva scritto ai suoi colleghi europei per chiedere un’estensione del programma – respinta – e ciò non ha fatto che acuire il senso di incertezza. Non aiuta il fatto che la corsa ai medicinali presenti una complicazione in più: specie le farmacie più piccole si sono viste chiedere dai grossisti il saldo dei medicinali tre volte al giorno e solo in denaro liquido. Gli importatori di prodotti della tedesca Bayer o della svizzera Novartis non consegnano più dietro bonifico o pagamento elettronico. Il loro rifiuto non si deve ai vincoli bancari, ma alle loro stesse paure: da quando l’annuncio del referendum ha rimesso in dubbio il futuro della Grecia nell’euro, i grossisti di farmaci temono che i produttori esteri chiedano loro di saldare gli ordini solo in contante. Dunque a loro volta essi stessi esigono solo contante dalle farmacie minori, che a cascata spesso esigono solo contante dai clienti. Maria, un’esercente di 34 anni in Odos Benaki, su questo è diventata irremovibile. In un’economia dove ormai non si ritira più di 60 euro al giorno, tutto dipende dal denaro liquido. Il diaframma fra lo standard occidentale di normalità e una crisi umanitaria non era mai stato tanto sottile.
Questo non basta però a far decidere Venice, l’operatrice estetica corsa a rifornirsi nella farmacia di Piazza Syntagma. Con 1.200 euro al mese guadagna più di tanti altri, ammette. «Ma nel referendum non sono sicura di optare per il “sì”. Secondo me ci mentono tutti».