Impiega 66.700 addetti, il 90% dei quali concentrato in Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Veneto. E tra questi 6.000 sono impiegati in ricerca e sviluppo, settore che nel 2010 ha ricevuto investimenti per 1,2 miliardi. È l’identikit "occupazionale" dell’industria del farmaco, un comparto che solo l’anno scorso ha trainato l’economia del paese con un export di 14 miliardi di euro. Per le imprese sono cifre che legittimano le aspirazioni del settore a fare da locomotiva della tanto auspicata ripresa. Al VI forum Meridiano Sanità di Cernobbio lo ha detto a chiare lettere Patrik Jonsson, presidente e amministratore delegato di Eli Lilly Italia: «Il farmaceutico» ha affermato «può dare al paese la benzina che serve con investimenti in due aree strategiche come alta tecnologia e ricerca». Per questo, tuttavia, è necessario che le imprese possano lavorare in un quadro normativo e amministrativo stabile e favorevole. Il riferimento è innanzitutto alle politiche di contenimento adottate dalle Regioni: «Nonostante un aumento dei consumi costante negli ultimi dieci anni» ha ricordato Ugo Cosentino, chairman dell’Iapg (Italian american pharmaceutical group) e amministratore delegato di Pfizer Italia «la spesa farmaceutica pubblica è calata nello stesso periodo del 7%. Il risultato è che il prezzo medio per confezione è in Italia di tre euro inferiore a quello della media europea, 6,5 rispetto a 9,4». Per gli industriali, in sostanza, il nostro paese comprime il comparto farmaceutico attraverso budget che i dati dimostrano sottostimati: è il caso della spesa farmaceutica ospedaliera, che negli ultimi tre anni quasi non è cresciuta restando agganciata al 4%; ma il tetto al 2,4% fa comunque suonare l’allarme. E poi c’è la burocrazia: servono 10 mesi perché una specialità registrata dall’Emea ottenga dal nostro paese l’autorizzazione al commercio, ma poi subentrano le procedure regionali per la registrazione nei rispettivi prontuari e l’attesa raddoppia. «In media» ha concluso Cosentino «le aziende devono attendere 24 mesi prima che un nuovo farmaco venga registrato, a fronte di attese inferiori, almeno della metà, negli altri paesi europei». La ripresa stoppata dalle carte dei burocrati e dei ragionieri.
26 novembre 2011 – DoctorNews
Scaccabarozzi: stop a manovre concentrate su farmaceutica
L’Italia non spende troppo per la Sanità, piuttosto spende male e penalizza l’innovazione. Questa l’accusa che il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, ha rivolto al sistema paese dal palco del VI forum Meridiano Sanità di Cernobbio. Dopo tanti esperti che hanno puntato il dito sulla forbice che allontana progressivamente spesa sanitaria e Pil, il leader degli industriali ha cercato di ridare al problema le giuste dimensioni attraverso un confronto con gli altri paesi europei: «L’Italia» ha detto Scaccabarozzi «spende per la Sanità una somma che in percentuale sul Prodotto interno lordo è inferiore di quasi un punto rispetto alla Gran Bretagna e di circa due su Germania e Francia». Stessa sorte per la spesa farmaceutica pubblica, territoriale e ospedaliera messe assieme: fatto cento il totale di quanto spendono i cinque paesi guida dell’Unione