Nel Lazio, in Veneto, nel Modenese, a Firenze e ora in Lombardia, a Merate. La presenza di studi medici attrezzati per visite ed esami specialistici nei centri commerciali cresce, mentre la morte di un bambino all’Ikea di Roma soffocato da un hot dog tre giorni fa rilancia il dibattito sulla necessità di avere un medico in questi villaggi affollati da migliaia di persone per più di metà del giorno. Peraltro, dove ci sono, questi ambulatori sono attivi anche 7 giorni su 7 e offrono sulla carta una copertura superiore ai medici di assistenza primaria. Esiste una possibile concorrenza con il servizio sanitario? Pierluigi Bartoletti, segretario Fimmg Lazio, ha visto nascere i primi ambulatori in centri commerciali intorno a Roma un lustro fa. «Dovremmo separare tre aspetti: l’ambulatorio che offre visite ed esami per tutti a pagamento; la possibilità per i medici del Ssn di esercitare in certe situazioni nel Centro commerciale; l’ipotesi di valutare la presenza di un medico nel Centro, rivolta alle urgenze degli avventori. In genere questi ambulatori sono privati, fanno pagare le prestazioni. Offrono esami, vi si acquista l’elettrocardiogramma da tenere in tasca per l’attività sportiva o un qualsiasi altro servizio: vendono prestazioni mediche come prodotti. E mi lasciano indifferente, perché non contrastano con il servizio del medico di famiglia in aiuto di malati e pazienti con bisogni di salute e di continuità di cura precisi, che hanno un profilo diverso dal frequentatore di supermarket con carrello». C’è però una situazione in cui il centro commerciale può essere molto utile al cittadino. «Nei quartieri dormitorio metropolitani il centro aggrega, ci si passa la maggior parte delle ore e diventa un riferimento. Non avrei nulla in contrario – dice Bartoletti – se sabato e domenica, per dare continuità al servizio di assistenza primaria, un accordo tra medici di famiglia ed Asl vi affittasse locali per attività ambulatoriali di cure primarie, accompagnate da diagnostica di primo livello, anche per filtrare eventuali ricorsi inappropriati ai pronti soccorso. Allora si potrebbe parlare di un servizio di pubblica utilità. Il ricordo del terribile incidente occorso al bambino a Roma ci spinge infine a chiederci se vi sia bisogno di un servizio medico in questi centri: è possibile che prima o poi una casistica lo giustifichi».
Mauro Miserendino
Lunedì, 24 Marzo 2014 –