Le tesi dei farmacisti ospedalieri sulle dinamiche strutturali della spesa farmaceutica di fascia H non convincono del tutto i medici di famiglia, che continuano a trovare incomprensibili le ragioni per cui il territorio rimane la cenerentola dell’innovatività farmacologica. «Ricordo il caso degli antidiabetici di nuova generazione» commenta Saffi Ettore Giustini, responsabile dell’area farmaco della Simg «due anni fa vennero assegnati al livello specialistico con la giustificazione che serviva un monitoraggio strettissimo del loro impiego. Il monitoraggio è finito, attendiamo i dati ufficiali ma intanto le cure primarie lamentano un gap culturale su un’intera generazione di farmaci». Infine, Giustini conferma l’idea che per il governo della spesa farmaceutica nel suo complesso servirebbe un sistema osservazione e analisi omogeneo tra ospedale e territorio, cosa che oggi manca. «Faccio l’esempio della Toscana: il 3,7% dei pazienti consuma il 26,9% della spesa regionale eil 20% delle confezioni erogate. Si tratta per la maggior parte di persone affette da patologie ad alto costo, di competenza dell’ospedale. Noi di questa fetta di spesa non sappiamo nulla, mentre la medicina di famiglia è tormentata da un monitoraggio ossessivo. Quanta appropriatezza c’è in queste cure? Quanta salute si produce con queste scelte terapeutiche e quanta se ne produrrebbe – e a quale costo – con strategie alternative, che magari coinvolgessero le cure primarie? Al momento, non esistono strumenti di analisi che consentono di dare risposta a questo tipo di domande. Se non per il territorio».