No alle visite ‘faccia a faccia’ degli informatori scientifici nello studio dei medici. Meglio incontri pubblici, a garanzia di un’informazione più indipendente. E’ la proposta di Silvio Garattini, farmacologo dell’Istituto Mario Negri di Milano, in un intervento sulla rivista ‘Il Bisturi’, che ha condotto un’inchiesta sull’informazione scientifica ‘sotto accusa’ dopo lo scandalo e le indagini delle magistratura a Bari. “E’ deprimente – afferma – osservare la presenza di informatori nelle sale di attesa. La visita degli informatori dovrebbe avvenire al di fuori dell’attività ambulatoriale, anche per non sottrarre il poco tempo disponibile per i pazienti. Anche negli ospedali sarebbe opportuno che la presenza degli informatori fosse limitata a qualche ora, magari in determinati giorni della settimana”. “Ogni mattina – sottolinea Garattini – circa 30.000 informatori appartenenti all’industria farmaceutica partono dalle loro case per incontrare, durante la giornata, fra gli 8 e i 10 medici. Ogni giorno quindi vi sono circa 300.000 contatti che tendono a far conoscere gli effetti dei farmaci per sollecitarne la prescrizione”. Per il farmacologo, è un “bombardamento a cui è difficile resistere, anche a prescindere dalla presenza di ‘incentivi’ più o meno trasparenti. E’ evidente, infatti, che la finalità è rappresentata da un aumento delle vendite, altrimenti sarebbe inspiegabile l’enorme spesa per la promozione: circa un terzo del prezzo di ogni farmaco. La diagnosi è chiara a tutti. Ma, come spesso accade – afferma il medico – la terapia è la parte più difficile”. Due, per Garattini, i provvedimenti utili. “Anzitutto – spiega – è necessario aumentare l’informazione indipendente, attualmente una piccolissima, insignificante frazione. E poi non consentire le visite degli informatori durante l’attività ambulatoriale dei medici. Agli informatori dovrebbe essere impedita l’entrata nei reparti ospedalieri e l’informazione che propongono dovrebbe essere data in seminari pubblici con possibilità di contraddittorio. Sono proposte semplici, dettate dal buon senso, che potrebbero cambiare – conclude – i rapporti fra medico e informatore farmaceutico con il risultato di una informazione più critica, capace di creare anche dubbi e non solo certezze spesso infondate. Forse se qualcuno cominciasse a dare il buon esempio, il ‘contagio’ si potrebbe diffondere”.