Il Consiglio di stato ha chiuso la lunga vicenda dei farmaci Avastin-Lucentis. Con due sentenze ha sancito l’interesse pubblico al risparmio di spesa se esistono valide alternative terapeutiche a cure molto costose. Ma se ne ricavano anche altri insegnamenti.
L’interesse pubblico al risparmio di spesa
La chiusura del contenzioso, o meglio di un caso di rilevanza internazionale, non può che essere guardata con soddisfazione. Per molte ragioni.
Secondo. L’interesse commerciale di un’industria farmaceutica a immettere in commercio un dato prodotto non esaurisce, e non imbriglia, le conoscenze della comunità scientifica internazionale e, nel pieno rispetto della normativa europea, non può limitare il potere-dovere dei professionisti di utilizzare per la cura dei propri pazienti i farmaci riconosciuti efficaci.
Terzo. Un’alternativa terapeutica per essere considerata “valida” deve anche “essere economicamente percorribile”, perché condizioni economicamente non accettabili sono discriminatorie e limitano l’accesso alle cure. Una forte critica al comportamento dell’industria farmaceutica, interessata a sviluppare prodotti in
Quarto. È auspicabile che la vicenda possa indurre l’industria farmaceutica a una seria riflessione sul proprio operato, in primo luogo a tutela della propria reputazione, ma anche come contributo al contrasto della insidiosa e crescente sfiducia della popolazione nei confronti della medicina e dei medicinali. L’industria ha il merito di scoprire e rendere disponibili farmaci importanti, ma va criticata e limitata quando porta in commercio prodotti pseudo-innovativi fatti pagare a carissimo prezzo.
Infine, il servizio sanitario dovrebbe far tesoro di questa esperienza: le più alte istituzioni hanno sottolineato la necessità di mettere al primo posto (anche quando sono in gioco ingenti profitti) l’interesse dei pazienti. Un caso che fa scuola per molti: per le agenzie regolatorie (Aifa), che dovrebbero avere più coraggio ed essere proattivi in analoghe situazioni; per i prescrittori, che dovrebbero rifarsi alle evidenze scientifiche nell’interesse esclusivo dei pazienti; e per i pazienti stessi, che come cittadini responsabili possono limitare la forza di un mercato troppo orientato al profitto.
Il sistema pubblico dunque, più che attivarsi – ora – a richiedere i danni, dovrebbe andare alla ricerca dei tanti casi di risparmio sui quali si è ancora troppo inerti, e non solo nel farmaco
(estratto. Articolo integrale su lavoceinfo.it)
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