Il principio dell’equivalenza terapeutica, sul quale le Regioni cercano di impostare le loro gare centralizzate di acquisto, trae origine dalla stessa visione “anti-modernista” che contraddistingue i detrattori di vaccini e farmaci di sintesi. Perché, in entrambi i casi, c’è il rifiuto «di capire che negli anni la ricerca scientifica è cambiata tantissimo». E’ uno dei passaggi più “caustici” della relazione con cui ieri il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, ha aperto l’Assemblea pubblica delle aziende del farmaco. Una stoccata inferta con misurato tempismo, quando al tavolo sulla riforma della governance il confronto tra Governo e Regioni si prepara a entrare nel vivo.
Non a caso, Scaccabarozzi è tornato innanzitutto a ricordare il valore strategico del comparto farmindustriale: «A livello europeo» ha detto «siamo primi per produttività, davanti anche alla Germania. In Italia poi, l’industria del farmaco è il settore che nel 2015 ha fatto registrare la crescita più importante per produzione e ha incrementato del 15% gli investimenti in ricerca». Non solo: grazie al comparto, l’Italia può vantarsi di essere il Paese che ha dato i natali al primo farmaco a base di staminali e al primo per terapie geniche. «Guardiamo costantemente al futuro» ha detto ancora Scaccabarozzi «e se la nostra innovazione costa è perché la ricerca che facciamo ha un crescente tasso di rischio. Ci vogliono 2,5 miliardi di investimenti e dai 10 ai 12 anni per sviluppare un farmaco, senza contare che in media una nuova molecola ha il 4% di probabilità di completare il percorso dalla fase I all’immissione in commercio». La ricerca, è in sostanza il messaggio, consente all’industria farmaceutica di fare da volano al sistema-paese e incrementare salute e speranza di vita degli italiani, grazie allo sviluppo di farmaci innovativi che promettono terapie mirate come mai prima d’ora. «Uno tsunami che salva e dà speranza sta per abbattersi sul Ssn» ha detto ancora Scaccabarozzi «serve quindi una nuova governance del farmaco imperniata su tre pilastri: un finanziamento della spesa adeguato, un fondo dedicato per gli innovativi e infine il superamento del tetto sull’ospedaliera e del pay-back, che per le aziende è ormai diventato un onere strutturale».
Ma oltre che con il sistema di ripiano, le industrie del farmaco ce l’hanno anche con il principio dell’equivalenza terapeutica, che le Regioni usano per allargare le loro gare di acquisto. «Chi sostiene che i farmaci dalla medesima indicazione sono uguali tra loro anche se il principio attivo è differente» ha avvertito Scaccabarozzi «non fa gli interessi dei malati. Sostenibilità e appropriatezza delle cure non si inseguono dicendo che tutto è uguale, ma lavorando sull’aderenza alle terapie. Nel diabete e nelle malattie cardiovascolari, si possono ottenere risultati importanti».
La richiesta che arriva dalle aziende, in conclusione, è che si metta in pista la nuova governance entro la fine dell’anno. «Dal tavolo» ha concluso Scaccabarozzi «è uscita una proposta interessante (quella del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudius DeVincenti, che applicherebbe alla spesa farmaceutica ospedaliera il meccanismo dei dirg, ndr). Nessuno nega che sia perfettibile, ma intanto mettiamola in pratica e vediamo se funziona. E se qualcuno dice che i tempi non ci sono , io rispondo troviamoli. Il costo del farmaco va valutato all’interno del più ampio percorso di cure in cui si colloca, altrimenti gli innovativi che si affacciano all’orizzonte risulteranno sempre insostenibili». All’evento era presente per Federfarma la presidente nazionale, Annarosa Racca, il vicepresidente, Gioacchino Nicolosi, e i presidenti di Federfarma Sardegna, Giorgio Congiu, e Federfarma Veneto, Alberto Fontanesi.