Quando i familiari chiedono per un proprio caro una cura con probabilità di successo bassissime, o pretendono il prolungamento di una vita di pessima qualità, ogni medico onesto avverte che il paziente non avrà benefici. La legge dovrebbe consentirgli di respingere la richiesta. Sulla correttezza del rifiuto i familiari possono interpellare il comitato etico dell’ospedale. Se questo è d’accordo col medico, non resta che rinunciare. O rivolgersi ad altri ospedali. Chi può, comprerà ciò che vuole: medici e medicine sono sul mercato e non mancano le occasioni per buttar i soldi dalla finestra. Ma non deve farlo la Asl. Dare cure inutili pesa sul fondo sanitario e induce la gente a credere di avere il diritto di sprecare per provare «sino all’ultimo». I confini tra appropriatezza, eticità, compassione e spreco sono labili e non è raro che medici valutino amorale una cura che ad altri appare accettabile: inappropriata ma non sbagliata. L’importante è lasciar fuori giudici e tribunali. Non è con le denunce che garantiremo ai malati la miglior cura possibile.
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CAMICI & PIGIAMI
PAOLO CORNAGLIA FERRARIS
20.03.2012 – pag. 56 – La Repubblica