SAN FRANCISCO Utilizzando una versione geneticamente modificata del virus del vaiolo un team di ricercatori Usa è riuscito a prolungare la vita di alcuni pazienti affetti da tumore al fegato in fase terminale, riuscendo in molti casi a ridurre di più del 50% le dimensioni della neoplasia. A ottenere questo risultato – che apre la strada allo sviluppo di cure "virali" per il cancro – sono stati David Kirn e i suoi colleghi della Jennerex Biotherapeutics (San Francisco). L’idea che alcuni virus possano in qualche modo eliminare o contenere i tumori risale agli inizi del ‘900; fu infatti proprio nel 1912 che una rivista scientifica italiana di ginecologia pubblicò un articolo relativo al caso di una donna affetta da cancro alla cervice la quale aveva subito una riduzione della neoplasia dopo aver ricevuto il vaccino contro la rabbia silvestre. Ma ora Kirn e collaboratori si sono molto avvicinati alla soluzione del problema. Hanno iniziato a lavorare sul virus vaccinico – cioè il microrganismo responsabile del vaiolo -, al quale hanno agganciato a mo’ di "coda" una molecola (l’actina) che gli permette di diffondersi molto rapidamente all’interno delle cellule umane. Gli studiosi inoltre hanno modificato questo virus in modo che non fosse più capace di sintetizzare un enzima noto come timidina-chinasi; senza di esso il virus vaccinico non è più in grado di riprodursi e quindi di danneggiare le cellule sane. Ma siccome le cellule cancerose producono in grosse quantità l’enzima in questione, ecco che il suddetto microrganismo può riprodursi esclusivamente in esse; non solo, una volta moltiplicatosi un numero sufficiente di volte, il virus vaccinico causa la morte delle cellule tumorali da lui utilizzate. E non è finita. Kirn ha aggiunto ai suoi virus gm un gene che consente loro di produrre un tipo di citochina, cioè una molecola che funge da richiamo per le cellule immunitarie dell’orga nismo umano (le quali finiscono per attaccare i tessuti tumorali). Dopo aver testato con successo il virus sui conigli, gli scienziati hanno scelto 13 volontari affetti da tumore al fegato in fase terminale e hanno iniettato loro a più riprese il microrganismo gm: in 10 casi i tumori si sono ridotti (in cinque la riduzione ha superato il 50% del totale) e l’aspettativa di vita dei pazienti si è notevolmente allungata. Libero del 28/10/2007 , articolo di ROBERTO MANZOCCO p. 31