E significa rendere più poveri i lavoratori che andranno in pensione. Quella della previdenza complementare, ricorda Ortolani, “è una realtà importante con 6 milioni di iscritti e un patrimonio di 121 mld complessivo
Articolo pubblicato il: 01/10/2014 – adnkronos
“I fondi pensione -aggiunge Ortolani, che è stato membro della Commissione di Vigilanza Covip per 7 anni- sono stati introdotti e normati per garantire ai lavoratori una pensione complementare che si aggiunga a quella obbligatoria, che di fatto non è più in grado di garantire un contributo adeguato ai futuri pensionati: il tasso di sostituzione post lavorativo si aggira infatti intorno al 55/60% dell’ultima retribuzione”.
“Togliere una delle forme di finanziamento dei fondi pensione, il Tfr appunto, e lasciare solo la contribuzione del datore di lavoro e quella volontaria del lavoratore, ridurrebbe drasticamente il montante a disposizione -osserva Ortolani- con enormi riduzioni dell’assegno versato dopo il pensionamento e nei fatti annullandolo”.
Una ricchezza che, tramite i gestori, dice, “potrebbe anche essere investita nell’economia reale delle pmi se ci fosse una garanzia dello Stato su quelle attività”. Ma quest’ipotesi di passare dagli investimenti finanziari agli investimenti ‘reali’, avverte, “non si può assolutamente realizzare se si blocca l’afferenza del tfr, che alimenta una parte consistente della previdenza complementare”.
Ortolani sottolinea “che ancora una volta il governo italiano, per trovare soluzioni alla difficile situazione economica, pensa di mettere mano al futuro dei lavoratori italiani, che sono le vittime di questa condizione”. “E’ successo con le varie riforme pensionistiche, ultima quella messa in atto da Elsa Fornero, che ridurranno drasticamente il contributo ai futuri pensionati e potrebbe succedere -conclude- nuovamente con i fondi pensione”.