La denuncia arriva dala Soi (Società Oftalmologica Italiana) che al congresso europeo di oculistica ha chiesto l’intervento dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Il bevacizumab, economicissimo, oggi non è più prescrivibile a totale carico del servizio sanitario.
MILAN – Costano fra 600 e 1200 euro a trattamento le nuove terapie intravitreali per la cura della maculopatia degenerativa senile (Dme), malattia degli occhi che porta alla cecità. Ce n’è però una che, con pari efficacia e sicurezza ma senza un’indicazione ufficiale per la Dme, costa 20 euro. Lo denuncia la Soi (Società Oftalmologica Italiana) che al congresso europeo di oculistica, a Milano, ha chiesto l’intervento dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).
Tra i farmaci registrati per la Dme, il ranibizumab costa 1200 euro a fiala, il pegaptanib 600 e il desametasone 1100 per trattamento. L’alternativa sostenuta dalla Soi è il bevacizumab (20 euro a fiala), che blocca la crescita di nuovi vasi sanguigni ed è registrato in Italia per la cura dei tumori al colon, al retto, al seno e alla mammella, ma non per la Dme.
Utilizzato "off label" quando mancavano le alternative, oggi il farmaco non è più prescrivibile a totale carico del servizio sanitario perchè gli altri, molto più costosi e di recente introduzione, possiedono l’indicazione registrata. Se si considera che un trattamento necessita mediamente di 10-12 iniezioni a paziente, e che il numero di persone affette da questa patologia è molto elevato, è facilmente quantificabile la differenza di impatto in termini di costi a carico del Ssn.
In realtà il singolo specialista, può utilizzare il farmaco meno costoso, a patto che lo faccia sotto la propria personale responsabilità per eventuali effetti indesiderati che dovessero insorgere nel paziente, anche in quelle regioni, come come Toscana ed Emilia Romagna, che hanno raccomandato l’utilizzo di bevacizumab, per ragioni di risparmio sulla spesa.
Singolare – sottolineano gli oculisti – che entrambe le molecole più utilizzate (ranibizumab e bevacizumab) sono state sviluppate dalla stessa azienda farmaceutica, che non ha quindi interesse a far registrare l’indicazione per bevacizumab. In mancanza di una domanda di registrazione, la Soi chiede quindi all’Aifa di inserire bevacizumab nella lista dei "farmaci off label di uso consolidato e di documentata efficacia", cosa che lo renderebbe ufficialmente utilizzabile, con notevole risparmio del Ssn e senza la responsabilità personale del medico.
(10 settembre 2012