Quanto pesano le pressioni esterne sulle decisioni della politica? Chi le esercita, in che modo e quanto è trasparente questo processo? Sono queste le semplici ma fondamentali domande cui Transparency tenta di rispondere analizzando i sistemi di regolazione di 19 nazioni europee e delle 3 principali istituzioni comunitarie (Commissione, Parlamento e Consiglio). Prendendo a confronto alcuni standard internazionali tra cui i “10 principi per la trasparenza ed integrità dell’attività di lobbying” dell’OECD, l’Ong anticorruzione ha scoperto che a livello europeo la trasparenza delle relazioni tra lobby e politica non riesce a superare un valore medio del 26%. L’integrità (adeguatezza ed etica di tali rapporti) e la parità di accesso ai processi decisionali non raggiungono un punteggio del 33%. Insomma l’Europa segna il passo rispetto a Paesi come Canada e Stati Uniti e in questo quadro l’Italia si colloca al di sotto della media europea.
CHI PREME DI PIU’? LA FINANZA INVESTE 120 MILIONI L’ANNO. Secondo il rapporto le lobby più forti in Europa sono quelle financial. According to the estimates of Corporate Europe Observatory (CEO) the financial sector spends 120 million dollars per year for lobbying in Brussels and employs more than1700 lobbyists. Other industries, like that farmaceutico [N.d.R.: 91 milioni/anno], from the telecommunications and ofpower, spend rivers of money on lobbying activities. It is difficult to know exactly how many, given the absence of transparency obligations. But if it is true that only pharmaceutical companies officially employ 40 million eurosper year (although some estimates speak of 91 million euros), these are certainly numbers with many zeros.
LE FINTE CAMPAGNE DAL BASSO: ARRIVA L’ASTROTURFING. Le modalità di azione dei lobbisti sono le più svariate. Tra le più gettonate, secondo il rapporto, ci sarebbero le campagne rivolte ai cittadini. Petizioni, lettere collettive, dibattiti o manifestazioni pubbliche sono alcuni degli strumenti ritenuti più efficaci. Fino al cinico “astroturfing”, ovvero la pratica di mascherare dietro la parvenza di campagne dal basso la difesa di interessi privati. Accanto a queste strategie resistono poi i più classici incontri vis à vis, consumati prevalentemente in luoghi pubblici come golf club, stadi, sale di attesa degli aeroporti, bar, etc., le cosiddette “anticamere del lobbying”, dove si gettano le basi di possibili intese future, ancora da costruire. In Italia, ad esempio, un luogo strategico dove lobbisti e politici si incontrano, secondo il rapporto, è la sala riservata del club Alitalia presso l’aeroporto di Linate a Milano, dove spesso sostano i passeggeri in viaggio verso Roma.
Sul totale dei Paesi analizzati dal rapporto solo 7 (Austria, Francia, Irlanda, Regno Unito, Lituania, Polonia e Slovenia) hanno una legge che regolamenta l’attività di lobbying. E tra questi solo l’Austria impone un codice di condotta a lobbisti e politici. Delle tre istituzioni europee solo la Commissione ha una regolazione delle attività di lobbying che le fa sfiorare la sufficienza (53%) mentre il Parlamento Europeo e il Consiglio si fermano rispettivamente al 37 e 19 per cento.
INTERESSI PRIVATI & DEMOCRAZIA. La percezioni che hanno i cittadini del fenomeno appare ancora peggiore di quella descritta dai dati. Il 58% degli abitanti dei Paesi analizzati attribuisce ai gruppi di potere la capacità di condizionare del tutto o in gran parte le decisioni dei propri governi. Ed è questa opinione, negativa e molto diffusa, polarizzata dagli scandali giudiziari, ad attribuire un significato negativo al termine lobby. Un termine di per sé neutro e che anzi, secondo Trasparency, rappresenta una componente della democrazia in quanto possibilità per tutti i gruppi di far valere le proprie istanze presso i governi. Ma che è spesso stato tradito. Il suo valore positivo dipende infatti da una condizione imprescindibile: che esistano regole in grado di garantire trasparenza e correttezza nei rapporti. Esattamente quel che manca all’Italia e a molti altri paesi europei.