La pillola è ‘d’oro’? Allora mi sembra proprio che funzioni. La percezione da parte del paziente del costo di un farmaco può influenzare quanto egli benefici della terapia che sta seguendo. E questo anche quando sta ricevendo solo un placebo. Lo rivela un interessante nuovo studio condotto su persone con malattia di Parkinson, pubblicato on line su ‘Neurology’, la rivista dell’American Academy of Neurology.
Articolo pubblicato il: 03/02/2015 – adnkronos
Per lo studio, a 12 persone con malattia di Parkinson è stato detto che avrebbero ricevuto due formulazioni dello stesso farmaco. E’ stato anche riferito ai partecipanti che le formulazioni erano ritenute avere efficacia simile, ma che differivano in termini di costi: 100 dollari a dose l’una, contro 1.500 dollari l’altra. I partecipanti sono stati anche avvertiti del fatto che lo studio aveva lo scopo di dimostrare che i due farmaci, anche se con un prezzo diverso, erano ugualmente efficaci.
In realtà, i pazienti hanno ricevuto solo una soluzione salina in entrambi i casi. Prima e dopo ogni somministrazione, sono stati eseguiti diversi test per misurare le capacità motorie e l’attività cerebrale. Ebbene, quando le persone hanno ricevuto il farmaco ‘costoso’, le loro capacità motorie sono risultate migliorate in media del 28%, rispetto a quando hanno ricevuto quello ‘a buon mercato’. In uno specifico test, il punteggio delle persone è migliorato addirittura di 7 punti quando l’assunzione del farmaco caro è avvenuta per prima, contro soli 3 punti in più con il prodotto meno costoso.
“Se riusciremo a mettere a punto strategie che sfruttino la risposta al placebo per migliorare i benefici dei trattamenti farmacologici, potremo massimizzare il risultato, riducendo il dosaggio e gli effetti collaterali”, commenta Espay. L’esperto ricorda però che la risposta al placebo può essere più forte nelle persone con Parkinson perché la malattia diminuisce la quantità di dopamina nel cervello, mentre l’effetto placebo è noto proprio per la capacità di aumentare il rilascio di questa sostanza cerebrale, che funziona da ‘ricompensa’ e che quindi può guidare il senso di miglioramento dei sintomi che i pazienti hanno riferito.