La ricerca e gli studi clinici hanno consentito di compiere progressi importanti nello sviluppo di nuove terapie per la cura dei tumori. Nell’ultimo decennio la ricerca sul cancro ha fatto passi avanti da gigante. Terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia hanno rivoluzionato il trattamento di molte neoplasie. Un traguardo possibile certamente grazie agli investments delle aziende farmaceutiche ma anche grazie al contributo della ricerca accademica non-profit.
Già avevamo segnalato l’innovativa terapia CAR-T (chimeric antigen receptor T cells) che, in estrema sintesi, si basa sul prelievo di linfociti T prelevati da un paziente affetto da tumore e modificate geneticamente in laboratorio in modo che reinfuse poi nello stesso paziente siano in grado di aggredire il tumore.
Ora ci sembra utile segnalare due promettenti ricerche. Una riguarda la tecnologia a mRNA e una riguarda la scoperta di una piccola molecola, AOH1996 (iniziali e anno di nascita di una bambina morta di tumore a 9 anni, Anna Olivia Healy, nel 2005, ndr) che uccide selettivamente le cellule tumorali.
In pratica si procederebbe nel modo seguente. Dopo aver prelevato un campione cellulare dalla sede del tumore (o di una metastasi) si identificano le molecole maggiormente specifiche del tumore stesso, quindi si prepara il vaccino ad mRNA che stimola il sistema immunitario del malato per la produzione di linfociti killer ed anticorpi che aggrediscono e distruggono le cellule tumorali del malato.
L’immunoterapia è un tipo di trattamento del cancro che aumenta le difese naturali del corpo per combattere il cancro. Utilizza proteine prodotte dall’organismo o in laboratorio per addestrare il sistema immunitario del paziente a trovare e distruggere le cellule tumorali.
Tuttavia, ogni tipo di cancro è unico e crediamo, dice Ugur Sahin, che le immunoterapie dovrebbero essere in grado di affrontare ogni indicazione di cancro in modo diverso. Ecco perché abbiamo creato una gamma di piattaforme e strumenti tecnologici finalizzati allo sviluppo delle migliori opzioni terapeutiche per ogni indicazione tumorale.
Riteniamo che lo sfruttamento di modalità di azione complementari e potenzialmente sinergiche potrebbe aumentare la probabilità di successo terapeutico, ridurre il rischio di insorgenza di meccanismi di resistenza secondari e anche sbloccare una popolazione potenziale di pazienti più ampia.
Nei nostri programmi terapeutici oncologici, entro la fine del 2022 abbiamo curato oltre 1.600 pazienti in più di 20 tipi di tumori solidi.
Cinque di questi programmi sono in fase di valutazione in studi randomizzati di Fase 2. Ricordiamo che gli studi clinici di fase 2 sono progettati per studiare la sicurezza e la tollerabilità del farmaco candidato in un gruppo più ampio di individui, rispetto alla fase 1 (di solito fino a 100 per trattamento), e per valutare l’efficacia precoce del prodotto candidato nella popolazione target.
BNT211 comprende due prodotti farmaceutici, una terapia cellulare CAR-T autologa mirata all’antigene oncofetale Claudin-6 (CLDN6) e un vaccino a RNA CAR-T codificante CLDN6 (CARVac) basato sulla tecnologia proprietaria di BioNTech mRNA-lipoplex per migliorare la persistenza e funzionalità delle cellule CAR-T. La terapia mira a indurre una potente risposta immunitaria contro vari tumori solidi CLDN6+, come il cancro ovarico, il sarcoma, il cancro ai testicoli, il cancro dell’endometrio e il cancro gastrico. È un potenziale approccio terapeutico di prim’ordine e il prodotto candidato CAR-T più avanzato nello sviluppo clinico di BioNTech. BNT211 è attualmente in fase di studio da solo o in combinazione con CARVac in uno studio di fase 1/2 in pazienti con tumori solidi avanzati recidivanti o refrattari al CLDN6+. I primi risultati preliminari hanno dimostrato un profilo di sicurezza incoraggiante e primi segni di efficacia antitumorale ai primi livelli di dose valutati di BNT211.
La seconda scoperta, dopo 20 anni di ricerca e sviluppo condotti dal City of Hope Hospital di Los Angeles, che, se conferma l’efficacia sull’uomo, è destinata a rivoluzionare l’approccio terapeutico al cancro è
Per comprendere il meccanismo d’azione di AOH1996 occorre conoscere PCNA. PCNA è una proteina omotrimerica nucleare che circonda il DNA con attributi classici di un fattore di processività nella replicazione del DNA.
L’antigene nucleare cellulare proliferante (PCNA, Proliferating cell nuclear antigen) è un fattore centrale nei percorsi di replicazione e riparazione del DNA che svolge un ruolo essenziale nella stabilità del genoma. I ruoli funzionali del PCNA sono mediati da un ampio elenco di interazioni proteina-proteina, ognuna delle quali trasmette informazioni specifiche negli assemblaggi proteici. La flessibilità delle interfacce di interazione PCNA-proteina offre opportunità per la scoperta di inibitori funzionalmente selettivi delle vie di riparazione del DNA.
Attualmente si propone che più di 200 proteine interagiscano con il PCNA con un importante sottoinsieme coinvolto nella riparazione del danno del DNA. Molte proteine chiave condividono un “motivo” di legame per il PCNA chiamate “motivo simile a una proteina che interagisce con il PCNA (PIPM).
L’interazione PCNA e RBP1 crea una vulnerabilità selettiva per il cancro. I risultati suggeriscono la potenziale utilità di AOH1996 anche come strumento chimico per definire ulteriormente i TRC nelle cellule e dimostrano chiaramente il potenziale terapeutico di AOH1996 quando viene utilizzato come monoterapia, nonché quando viene utilizzato in combinazione con chemioterapie esistenti.
AOH1996 induce pertanto rotture a doppio filamento del DNA in modo dipendente dalla trascrizione.
Somministrato per via orale, l’AOH1996 sopprime la crescita tumorale ma non provoca effetti collaterali distinguibili. In sostanza impedisce alle cellule con DNA danneggiato di dividersi e blocca la replicazione del DNA difettoso. Questa combinazione di fattori porta alla morte delle cellule tumorali, senza danneggiare le cellule sane durante il processo.
AOH1160 (uno degli analoghi a AOH1996) presenta notevoli proprietà terapeutiche: è somministrabile per via orale in una formulazione compatibile con il suo uso clinico, e negli studi sugli animali inibisce quasi completamente la crescita dei tumori xenotrapiantati e li sensibilizza all’inibizione della topoisomerasi (ndr: enzimi che riuniscono le estremità interrotte di DNA). Negli studi che seguono le linee guida di buona pratica di laboratorio (BPL) della Food and Drug Administration (FDA) statunitense, l’AOH1996 non provoca alcuna tossicità percepibile a 6 o più volte la dose efficace nei topi e nei cani.
Da agosto 2023 è in studio clinico di fase 1 (che fornisce elementi preliminari per una valutazione della sicurezza del principio attivo e per accertarne la tolleranza dell’organismo in un numero limitato di persone) per il trattamento dei tumori solidi.
In particolare, il farmaco è stato testato su oltre 70 linee di cellule tumorali, tra cui quelle derivanti da cancro al seno, alla prostata, al cervello, alle ovaie, al collo dell’utero, alla pelle e ai polmoni. E il risultato è stato stupefacente: la pillola si è dimostrata efficace contro tutte le tipologie di tumori prese in esame.
È ancora troppo presto per dire che avremo a breve una terapia universale contro il cancro. Non è scontato infatti che il farmaco non possa arrestarsi prima in una delle 3 fasi delle sperimentazioni cliniche, perché non soddisfa gli obiettivi richiesti.
Ovviamente occorre che un’azienda farmaceutica finanzi le sperimentazioni cliniche, e che ne finanzi la produzione, se superate le 3 fasi, previa autorizzazione delle Agenzie governative competenti in ciascun Paese interessato: siano la FDA, l’EMA, l’Aifa, o altro ente regolatorio. Un percorso irto di ostacoli, che richiederà ancora parecchi anni.
Le notizie di queste scoperte sono arrivate alla “stampa laica” con conseguente sensazionalismo e clamore.
La comunicazione di questi messaggi così delicati quando sono rivolti ad un pubblico culturalmente non attrezzato ha bisogno di maggiore prudenza, sensibilità, conoscenza, chiarezza. Bisogna spiegare bene che le scoperte di cui si parla appartengono al futuro e al probabile. Sono precisazioni che chi informa deve fare per rispetto dei malati, dei loro cari, dei loro oncologi curanti, delle verità che i ricercatori meritano perché non si equivochi su di loro.
Se AOH1996 si dimostrerà efficace e sicura negli esseri umani anche nelle successive fasi, come lo è stata nei test di laboratorio, potrebbe rappresentare una sensazionale svolta nella terapia del cancro. La prudenza però nel creare speranze e aspettative eccessive è fondamentale.
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