La provocazione è del professor David Spencer dell’University of Leeds: in base alle ultime ricerche, lavorare troppo fa male alla salute, fisica e psichica. Tre giorni di riposo alla settimana migliorerebbero la nostra vita e anche il nostro lavoro.
La teoria del docente di economia, sviluppata in un articolo scritto per ‘The Conversation’, sta rimbalzando sulla stampa britannica. Nel testo si evidenzia come, in base alle ultime ricerche, lavorare troppo fa male alla salute, fisica e psichica. Inoltre, non permette di sviluppare le nostre capacità e di coltivare i nostri talenti.
Secondo Spencer, l’avanzamento tecnologico dell’ultimo secolo ha aumentato la produttività, ma questo avanzamento non è stato usato per diminuire l’orario di lavoro, quanto piuttosto per aumentare i profitti del capitale, mentre le paghe dei lavoratori sono rimaste pressoché ferme. Secondo il professore dell’università di Leeds, infatti, “anche gli effetti della crescente diseguaglianza sono alla base della cultura dell’orario lungo, andando ad alimentare la necessità economica di lavorare di più”.
Esistono, e Spencer li cita nel suo articolo, anche dei primi esempi di settimana corta, o weekend lungo, realizzati in pratica. È il caso della giapponese Uniqlo, catena di abbigliamento leader nel mercato nipponico, che ha introdotto la settimana lavorativa di 4 giorni per una parte dei suoi lavoratori full-time. In realtà però qui non siamo di fronte ad una abbassamento dell’orario di lavoro settimanale, ma solo ad una sua redistribuzione. 10 ore per 4 giorni, anziché 8 ore per 5. Dunque, sostiene Spencer, l’effetto positivo della riduzione dei giorni lavorativi rischia di essere azzerato dall’aumento di ore.
Non basta dunque una redistribuzione dell’orario. Per Spencer, “dobbiamo reimmaginare la società” “abbracciando l’idea del lavorare meno come mezzo per una vita migliore”. “Dobbiamo respingere l’idea di una vita in cui il lavoro è l’inizio e la fine di tutto” e “superare le barriere, economiche, ideologiche e politiche”, che impedisono il “working less”.