Il Cdm ha varato i decreti attuativi della riforma del lavoro del ministro Poletti. Tra le misure l’equiparazione tra lavoro dipendente e autonomo per il congedo parentale ed altre misure di interesse sociale e sanitario. Lorenzin: “Norme giuste per la natalità e la genitorialità”. Poletti: “Introdotte norme di civiltà”
20 FEB – “Sono molto soddisfatta per le norme del decreto Poletti sul Job Act che riguardano la maternità e la conciliazione dei tempi di lavoro e vita”. Così il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin in una nota dove sottolinea come questo sia “il primo atto, dopo il bonus bebè, che dà compimento a un disegno complessivo intrapreso col piano nazionale della fertilità per avviare politiche attive a favore della natalità e della genitorialità in Italia per combattere il grande dramma del crollo delle nascite nel nostro Paese”.
“Sono tante norme concrete – ricorda il Ministro – che avranno un impatto immediato nella vita delle mamme e dei papà tra le quali:
– piena parificazione tra lavoro dipendente e autonomo ai fini del congedo parentale;
– l’estensione al padre libero professionista dell’indennità di maternità in caso di impossibilità della madre di goderne; – facoltà di scelta del part time in luogo del congedo parentale; estensione delle tutele ai genitori con figli in condizione invalidante”.
I decreti attuativi del Jobs Act introducono infatti nuove fattispecie per la possibilità di accedere al part time. (… continues)
N.d.R.: Il Ministro Lorenzin è incinta di due gemelli
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I testi dei provvedimenti su lavoro e concorrenza approvati dal Consiglio dei Ministri n.51:
- Decreto legislativo contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti
- Decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali
- Decreto legislativo su conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
- Decreto legislativo su tipologie contrattuali
- Disegno di legge concorrenza
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CGIL. Jobs act: nessuna svolta sulla precarietà
“Il Jobs Act è il mantenimento delle differenze e non la lotta alla precarietà”. È il primo commento della Cgil in merito alle decisioni assunte oggi (20 febbraio) dal Consiglio dei ministri. Il sindacato di Corso d’Italia in una nota aggiunge: “Il contratto a tutele crescenti è la modifica strutturale del tempo indeterminato che ora prevede, nel caso di licenziamento illegittimo o collettivo, che l’azienda possa licenziare liberamente pagando un misero indennizzo”.
Sulla precarietà, prosegue la nota del sindacato di corso d’Italia, “siamo alla conferma dell’esistente, se non al peggioramento, come nel caso del lavoro accessorio e all’assurdo sulle collaborazioni che si annunciano abolite dal 2016 ma comunque stipulabili in tanti casi, mentre nulla si dice delle cococo della Pa”.
Insomma, continua la nota, “dove sarebbe la svolta? Il governo parla di diritti ma mantiene la precarietà, dimentica le partite Iva e regala a tutti licenziamenti e demansionamenti facili. Per rendere i lavoratori più stabili non bisogna per forza renderli più licenziabili o ricattabili”. Per la Cgil “quello che il governo sta togliendo e non estendo ai lavoratori stabili e precari, andrà riconquistato con la contrattazione e con un nuovo Statuto dei lavoratori”.
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Furlan: “Sulle precarietà è un intervento parziale. Sbagliata la norma sui licenziamenti collettivi”
CISL. 20 febbraio 2015 – “E’ un primo intervento solo parziale. Avremmo voluto un atteggiamento più coraggioso del Governo sulla effettiva abolizione delle forme di precarietà dei giovani“.
E’ quanto sottolinea il Segretario Generale della Cisl, Annamaria Furlan commentando a caldo l’approvazione da parte del Cdm dei decreti attuativi del Jobs act. “E’ chiaro che bisognerà leggere attentamente i testi prima di dare un giudizio completo sui provvedimenti del Governo. Ma l’esultanza del Presidente del Consiglio è assolutamente ingiustificata perché con queste norme cambierà poco e niente. Da un lato, si sceglie positivamente di incentivare il contratto a tempo indeterminato, dall’altro si inserisce la norma sui licenziamenti collettivi che sia le commissioni parlamentari, sia il sindacato avevano in più occasioni criticato in maniera dettagliata.
E’ certamente un fatto importante che si sia lasciato il reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari, come aveva chiesto ripetutamente la Cisl in questi mesi. Così come è importante aver cancellato dalle tipologie contrattuali gli associati in partecipazione. Ma per il resto non c’è ancora la svolta che la Cisl auspicava sulla effettiva cancellazione delle altre forme di precarietà selvaggia, sottopagate e senza tutele che sono proliferate in questi anni nel mondo del lavoro. La Cisl, per quanto ci riguarda, continuerà a battersi per affidare le materie del lavoro alla contrattazione, che è oggi lo strumento più efficace per favorire gli investimenti, la produttività, le riorganizzazioni aziendali e garantire l’ingresso stabile dei giovani nel mondo del lavoro. Non permetteremo a nessuno di mettere in discussione diritti consolidati dei lavoratori che oggi vengono messi a rischio dalle norme sui licenziamenti collettivi”.
BARBAGALLO: IN MATERIA DI LAVORO IL GOVERNO NON VA NELLA DIREZIONE GIUSTA
Per quanto riguarda poi le collaborazioni fonti di precarietà, non è ancora chiaro se davvero spariranno o se ce le ritroveremo sotto altre forme.
Inoltre, resta il fatto che si daranno decontribuzione e riduzione dell’Irap sino a 36 mesi senza che per le imprese ci siano vincoli o paletti sul fronte della stabilizzazione delle assunzioni.
In sostanza, non si sarebbe dovuto perdere tutto questo tempo semplicemente per favorire i licenziamenti, compresi quelli collettivi, pensando che questa fosse la soluzione per l’economia del Paese.
Il Governo sbaglia se ritiene di attivare la ripresa economica e l’occupazione con i decreti legge. Così non si cambia verso.
È necessario restituire potere d’acquisto ai lavoratori, rinnovando i contratti, e realizzare investimenti pubblici e privati: queste sono le due strade da seguire.
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