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Ormai da anni il linguaggio della salute ha cambiato i suoi termini. L’ospedale è diventato "l’Azienda", il malato è "il cliente", i medici sono "i prescrittori". I managers delle aziende farmaceutiche, almeno quelli che parlano erudito, dicono che bisogna avere "business unit" piccole e focalizzate. E bisogna che le persone che prendono decisioni siano il più vicino possibile ai clienti. Perché il modo in cui si deve soddisfare il bisogno del cliente è sempre differente tra nazioni e nazioni, addirittura fra continenti.

In Europa ci sono "i consumatori" che effettivamente usano i prodotti, i governi che pagano e i medici che prescrivono.

Ognuno dei tre attori ha un ruolo. I limiti di budget, in Europa, sono seri, ma non tali da ostacolare, specie in Italia, situazioni di "anomalie prescrittive" ai diversi livelli della filiera, tali da "costringere" le autorità preposte alla salvaguardia della salute e della spesa, ad avviare indagini giudiziarie che poco o punto hanno a che fare con la salute.

Nel nostro paese questo è un argomento ormai vecchio. Le molteplici denunzie dell’Associazione Italiana degli Informatori Scientifici del Farmaco fatte nelle sedi Istituzionali come il Parlamento Italiano, ma anche attraverso denunzie alle (ex) magistrature del lavoro e l’organizzazione di convegni, conferenze, tavole rotonde e dibattiti fra politici, classi imprenditoriali, OOSS e organi di informazione, sono state lasciate nel dimenticatoio da una sorta di connivenza degna di miglior causa.

E non va dimenticata la legislazione italiana in tema di farmaci. La più rigorosa in assoluto al mondo. Prodotta, non senza fatica, dalla nostra associazione. Bastava solamente applicarla per vederne gli effetti. Ma qualcuno ha messo la sabbia negli ingranaggi e il sistema è saltato.

E, nel frattempo, la spesa sanitaria è lievitata in maniera esponenziale, facendo temere il peggio circa la possibilità di curare degnamente i cittadini di un paese civile, come vorremmo fosse il nostro.

Uno degli ultimi mostri ma non certamente l’ultimo, partorito dalle classi dirigenti (?) del nostro Paese, si chiama "regionalizzazione del sistema sanitario": venti regioni, venti sistemi sanitari. Un caos totale, per usare una terminologia moderata".

Di momenti difficili ne abbiamo avuti anche in passato, ma adesso la situazione è critica": lo

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