Mancano le “munizioni” contro il virus, sono state ridotte le consegne delle dosi di vaccino. Il Coronavirus può scavallare anche il 2021, potrebbe imperversare funestamente in Italia anche nel 2022.
L’esecutivo è molto preoccupato per i tagli. In particolare è allarmato il commissario per l’emergenza sanitaria Domenico Arcuri: nel primo trimestre di quest’anno «avremo 15 milioni di dosi», poco più della metà rispetto all’obiettivo fissato dal primo piano di vaccinazione. Difatti è notevolmente sceso il ritmo delle vaccinazioni giornaliere.
Addio alla sconfitta del Covid-19 in tempi rapidi: l’immunità di gregge prevista per settembre con il 70% degli italiani vaccinati slitterà, se va bene, a fine autunno. I rimedi? Prima di tutto, ancora una volta, le carte bollate. Giuseppe Conte ha annunciato il ricorso ai tribunali, «a tutti gli strumenti e a tutte le iniziative legali» contro AstraZeneca. Del resto, ha precisato il presidente del Consiglio, è quello che «già stiamo facendo con Pfizer BionTech, per rivendicare il rispetto degli impegni contrattuali».
Il mancato «rispetto degli impegni contrattuali» fa emergere con forza la scarsa autorevolezza internazionale dell’Italia, difficilmente compensabile con il ricorso alle carte bollate. In questo caso «il rispetto degli impegni contrattuali» significa impedire altre migliaia di morti oltre alle 85.000 persone che finora hanno perso la vita a causa del Coronavirus. Esigere «il rispetto degli impegni contrattuali» significa contenere l’impatto devastante della pandemia anche sulla società e sull’economia italiana con l’ecatombe delle imprese (soprattutto commerciali e turistiche) e la gigantesca mazzata sull’occupazione.
L’alternativa, oltre alle carte bollate, è di rivolgersi ad altri produttori di vaccini: l’americana Johnson&Johnson-Janssen, la francese Sanofi, la cinese Sinopharm, la russa Rdif con il vaccino Sputnik V. In corsa c’è anche il vaccino italiano realizzato da Reithera in collaborazione con l’Ospedale Spallanzani di Roma. Ma la sperimentazione è ancora nella fase 1 e per arrivare alla 3 ci vorrà tempo.
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E’ arrivata una nota ufficiale di Fidia Pharmaceuticals di Abano Terme: “Siamo un’azienda italiana fondata nel 1946, con un’importante e pluriennale capacità di produrre vaccini per uso umano, nell’ordine di decine di milioni di dosi l’anno, con un impianto produttivo in piena funzionalità. Fidia non commercializza vaccini, ma li produce in conto terzi per multinazionali del farmaco con accordi pluriennali. E, di fronte ad esigenze di salute pubblica e sicurezza nazionale, si rende disponibile a mettere a disposizione del Paese e al servizio della collettività, il proprio know how, trovando soluzioni alternative nel rispetto degli accordi in essere”.
Oltre a Fidia farmaceutici, i tecnici romani avrebbero individuato anche in Zambon Group di Vicenza, un’altra azienda che potrebbe partecipare alla produzione dei vaccini: infatti per questo tipo di produzioni in conto terzi, bisogna essere autorizzati da determinati enti regolatori, come l’europea Ema o l’americana Fda, che oltre ad un’ispezione iniziale a struttura e impianti, poi continuano con dei controlli regolari durante l’anno
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