Mentre in queste ore si svolge il primo incontro tra gli industriali del farmaco e il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola in relazione all’annuncio di mille esuberi già dichiarati dalle imprese, di cui si parlava nello scorso numero di Pharmamarketing, un nuovo studio ridà slancio al ruolo svolto dalle aziende farmaceutiche. Se non ci fossero più i farmaci, conclude infatti lo studio condotto dal Cer (Centro Europa ricerche) in collaborazione con Farmindustria, il mondo sarebbe più malato ma anche con i conti più in bilico. "L’industria del farmaco – commenta Sergio Dompè, presidente di Farmindustria – non chiede né sconti né giustificazioni per eventuali comportamenti scorretti, che vanno sempre condannati ed eliminati. Da tempo chiediamo invece più trasparenza, meno leggi e più controlli. La spesa farmaceutica non è solo un costo, ma è anche un risparmio per il sistema sanitario e per l’economia nel suo complesso. Per far in modo che questo si realizzi in un contesto crescente domanda di salute, dovuto principalmente all’aumento della popolazione anziana, e di aumento dei costi per la ricerca – sottolinea – è necessario considerare la spesa per farmaci in relazione ai benefici reali che essa produce". I numeri dello studio, coordinato da Vincenzo Atella, della facoltà di economia di Tor Vergata di Roma, sono inequivocabili.
Prendendo in esame i dati delle patologie cardiovascolari, respiratorie e del sistema nervoso, che insieme rappresentano il 53% della mortalità totale e della disabilità dovuta a malattie croniche, è risultato che la disponibilità e l’uso appropriato di farmaci per queste malattie hanno permesso un risparmio netto di costi per il Sistema sanitario nazionale pari a circa 12 miliardi di euro l’anno. In particolare il 52% del risparmio, pari a 6,4 miliardi di euro, rappresentati da minori costi sanitari e il 48%, 6 miliardi, da minori costi indiretti. Di più, senza i medicinali oggi a disposizione, la spesa sanitaria pubblica lieviterebbe progressivamente fino ad arrivare a un aumento del 16% nel 2040, pari a circa 60 miliardi di euro, l’1,3% del Pil, che potrebbero v essere utilizzati diversamente. Un dato aggravato dal quadro sociale che vede la popolazione invecchiare, secondo una stima dell’Ocse nel 2020, il 20% della popolazione in Europa sarà ultrasessantenne, contro il 15% del 2005. Lo studio dell’Università romana quindi attesta i risparmi che il farmaco può comportare sulla spesa sanitaria complessiva, a fronte del luogo comune che vuole i farmaci come principali imputati degli sprechi sanitari. Alla luce di questi dati, concludono gli autori della ricerca, "bisognerebbe considerare la spesa sanitaria, e quella farmaceutica in particolare, come un investimento altamente produttivo. Questa sarebbe oggi una delle poche soluzioni percorribile per sperare in sistemi sanitari finanziariamente sostenibili, che possano evitare, in un futuro prossimo, indesiderate operazioni di razionamento dell’accesso alle cure sanitarie per la popolazione meno abbiente". Di Marco Malagutti
Source: "Pharmamarketing"
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