Febbre da fusioni per Big Pharma, 2014 anno record. Antonelli (Msd Italia), no ‘serial merger’. Aringhieri (Dompé), aziende fanno ‘gola’ se forti in ricerca

Solo fra luglio e settembre, intese per un totale di 61 miliardi di dollari, con transazioni annunciate per ulteriori 31 miliardi. In tutto, quasi 100 miliardi di dollari che si sono ‘mossi’ in tre mesi.

articolo pubblicato il: 16/12/2014 – adnkronos

La ‘febbre’ delle fusioni e acquisizioni nell’industria farmaceutica ha raggiunto il suo picco nel corso dell’anno che si sta per chiudere. Secondo gli ultimi dati trimestrali di PricewaterhouseCoopers, il settore delle scienze della vita e farmaceutico ha fatto registrare, solo fra luglio e settembre, intese per un totale di 61 miliardi di dollari, con transazioni annunciate per ulteriori 31 miliardi. In tutto, quasi 100 miliardi di dollari che si sono ‘mossi’ in tre mesi.

Sempre secondo Pwc, il volume di offerte chiuse nel settore nel terzo trimestre del 2014 è salito del 27,2% a 42 totali, rispetto alle 33 intese nel secondo trimestre, e sono cresciute del 68% (rispetto alle 25) a confronto con quelle del terzo trimestre 2013. L’incremento dell’ultimo periodo è soprattutto il risultato di accordi annunciati e non ancora conclusi, appunto quelle che dovrebbero chiudersi per un totale di oltre 30 miliardi di dollari. Il valore delle offerte chiuse nel corso del terzo trimestre del 2014 è inoltre aumentato di ben il 304,3% a 61 miliardi di dollari, dai 15 miliardi circa nel secondo trimestre dell’anno, e del 63,3% rispetto al terzo trimestre 2013.

Accordi miliardari sono stati raggiunti, altri ipotizzati, annunciati ma ancora non concretizzati. Come quello fra Pfizer e AstraZeneca: la multinazionale americana ha messo gli occhi sull’anglo-svedese all’inizio della primavera scorsa, ma l’intesa è poi sfumata. Dall’estate si rincorrono però voci di un ‘ritorno di fiamma’.

E poi l’irlandese Actavis che ha acquisito il gigante Usa Allergan per 66 miliardi di dollari; Merck&Co. che si è accaparrata la produttrice di antibiotici Cubist, proprio la scorsa settimana, per 9,5 miliardi. O ancora, la giapponese Daiichi Sankyo che per rafforzare la sua presenza nel campo dell’oncologia ha acquistato l’americana Ambit Biosciences, per oltre 400 milioni di dollari. E non è finita: Abbott ha comprato Shire (40 mln di euro), Bayer ha deciso di acquisire il business Consumer Care di Merck&Co.

In ogni caso, a livello internazionale, nel mondo farmaceutico fra il 1995 e il 2005, secondo i dati di McKinsey, si sono raggiunte alcune delle 20 più grandi fusioni del settore industriale, definite come accordi maggiori di 10 miliardi di dollari, nei quali le imprese impegnano almeno il 10% del valore delle vendite e il 20% del capitale dell’azienda acquirente.

Antonelli (Msd Italia), no ‘serial merger’, solo intese mirate

L’ad, mega-fusioni costose e difficili da gestire

“Sebbene il 2014 sia stato l’anno dei record per l’industria farmaceutica, con accordi che hanno superato i 212 miliardi di dollari secondo un’indagine di Bloomberg, non siamo dei ‘serial merger’. La nostra azienda è da sempre più interessata ad acquisizioni mirate che rafforzino un determinato settore, piuttosto che a mega fusioni generalmente costose e difficili da gestire”.

Lo spiega Pierluigi Antonelli, presidente e amministratore delegato di Msd Italia, parlando con Pharmakronos del ‘boom’ di fusioni e acquisizioni nel settore nel corso dell’anno che si sta per chiudere. “Per questo motivo – aggiunge

– preferiamo scegliere eccellenze di piccole e medie dimensioni che siano in grado di completare la nostra stessa offerta, come nel caso di Cubist per gli antibiotici”, acquisita la scorsa settimana da Merck&Co. per 9,5 miliardi di dollari, “o di Idenix, acquisita in agosto, per i farmaci contro il virus C dell’epatite. “Msd – prosegue – vanta infatti una lunga tradizione e una solida leadership nel trattamento delle malattie infettive grazie a farmaci importanti contro l’Hiv, l’epatite C, le infezioni fungine e batteriche e proprio l’Acute Care ospedaliero è una delle aree prioritarie sulle quali abbiamo focalizzato il nostro interesse in questi ultimi anni, insieme all’oncologia, al diabete, all’immunologia e altre ancora.

Non è un caso che il nostro portafoglio di farmaci ospedalieri sia cresciuto del 12% nei primi 10 mesi del 2014 rispetto all’anno precedente (Ims Health). I nostri prodotti in commercio includono già diversi antibiotici e antifungini, ma siamo anche in una fase avanzata di sviluppo con promettenti molecole contro il clostridium difficile, il citomegalovirus e le infezioni da batteri multiresistenti.

L’acquisizione di Cubist, in questo senso, aggiunge valore, ampiezza e spessore al nostro portafoglio di molecole innovative e ci consentirà di raggiungere una più ampia popolazione di pazienti rispondendo efficacemente a molti bisogni medici non soddisfatti”.

Barbara Di Chiara – 17 dicembre 2014 – PharmaKronos

Aringhieri (Dompé), aziende fanno ‘gola’ se forti in ricerca

“Per giocare una partita strategica nei prossimi 20 anni, bisogna saper fare bene qualcosa e generare in autonomia nuove conoscenze. E’ la sfida che tutti noi abbiamo di fronte, e che Dompè in particolare ha raccolto. Nel 2016 speriamo di poter vedere finalmente i frutti, e dire che avevamo ragione”. A spiegare la scommessa fatta da una delle principali aziende farmaceutiche italiane, il gruppo Dompé, è l’amministratore delegato Eugenio Aringhieri, parlando con Pharmakronos del 2014 anno ‘record’ per le fusioni e acquisizioni nel settore, a livello mondiale. Secondo l’ad, le aziende italiane fanno spesso ‘gola’ alle grandi multinazionali: “Abbiamo avuto esempi come Gentium o Eos”, entrambe acquisite da imprese straniere nel corso dell’anno. “La ricerca innovativa che oggi siamo in grado di offrire – evidenzia – apre una miriade di opportunità. Il ‘saper fare’ è un elemento molto importante e il nostro Paese ha dimostrato di avere una comunità scientifica competitiva e imprenditori che vogliono rischiare.

D’altro canto, la leadership di costo l’abbiamo ormai persa, con l’ingresso in gioco di Paesi emergenti. Ma questo ci ha restituito un premio di competitività legato alla ricerca e alla qualità”.

Ormai, secondo Aringhieri, “il campo di gioco è chiaro: se si vuole giocare una partita vera, bisogna generare risposte vere, a domande di salute vere. Noi abbiamo cominciato un percorso di cambiamento, scegliendo peraltro aree terapeutiche ad alto rischio, dove le alternative spesso non ci sono (trapianti, malattie rare, oncologia). Dobbiamo fare meglio ciò che gli altri già fanno.

Tutto questo considerando che le geografie sono ormai globali, la partita non può giocarsi solo nel proprio Paese e nemmeno nel proprio continente”.

Barbara Di Chiara – 17 dicembre 2014 – PharmaKronos

 

 

Mergers and Acquisitions are gaining prominence, but studies show that they often end up destroying the value of the shares rather than creating it. This is one reason why investors and businesses place so much value on revenue growth. In fact, if you compare the performance of the shares of a new index of 23 companies that have the best revenue growth and compare them to the S&P500 (the American stock index), the index of Companies in Revenue Growth easily beats that of the S&P500 31% against 22% in the last 12 months. And looking even further back five years, it beat the S&P500's 15% against 3%. (source: Fortune.com)

 

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