L’industria farmaceutica non potrà prescindere dai processi di digitalizzazione e dovrà dunque di necessità riorganizzarsi, acquisendo nuove competenze e nuove figure professionali ma anche riqualificando con adeguati programmi di formazione quelle degli addetti di cui già dispone.
Sulla base di questa consapevolezza, Farmidustria ha commissionato alla società di consulenza Bain & Company un apposito studio, eloquente fin dal titolo: “Definizione dei nuovi profili professionali necessari ed emergenti per la gestione della digitalizzazione dell’industria farmaceutica”, finalizzato
I fronti dell’industria del farmaco sui quali la digitalizzazione impatta maggiormente sono sostanzialmente tre: il primo è naturalmente quello della R&S, la ricerca e sviluppo, dove la tecnologia digitale, spiega Scaccabarozzi, “è in grado di aumentare la produttività della ricerca, riducendo i tempi, come nel caso delle simulazioni digitali o della profilazione della popolazione da includere negli studi clinici”. Il secondo fronte è quello produttivo: “Il digitale consente di aumentare la produttività e fornisce una mole di dati per analizzare i processi produttivi, oltre a innovazioni applicate alle macchine fino a poco tempo fa impensabili” chiarisce il presidente di Farmindustria, che poi illustra gli impatti delle digitalizzazione sul terzo fronte, quello dell’interlocuzione con il medico e il paziente, dove le sfide sono moltissime e molto suggestive. Scaccabarozzi offre alcuni esempi, dalle terapie digitali ai dispotivi indossabili, passando per il monitoraggio da remoto. “Ma mi piace citare un esempio su tutti, lo sviluppo di blister intelligenti che comunicano a un’app se il paziente ha preso la pillola”.
Lo studio di Bain & Company prende le mosse da un’analisi di scenario, rilevando che anche nel farmaceutico, nonostante una serie di fattori strutturali e normativi condizionanti, l’adozione del digitale è una leva di sviluppo strategico che “sta consentendo un aumento della produttività, un allargamento del portafoglio prodotti e il miglioramento della customer experience”.
Il report evidenzia le diverse velocità e i differenti livelli di maturità con i quali l’innovazione digitale avanza nel pharma, a seconda dell’allocazione regionale, delle applicazioni e delle stesse aziende, ma sottolinea anche i “rilevanti investimenti nel digital healthcare, spesso sostenuti da venture capital e private equity che hanno quadruplicato le risorse allocate nel settore negli ultimi 5 anni, stanno modificando il settore”. Bain&Company fa poi riferimento agli stessi grandi player tecnologici, alla ricerca di opportunità di crescita nel settore healthcare, che “stanno in alcuni casi creando nuovi spazi di mercato. Citiamo ad esempio l’ingresso di Google, Samsung, Apple e Ibm Watson nell’assistenza dei malati cronici, come i diabetici”.
Il Chief digital officer, spiegano Bain&Company, è una “figura di coordinamento delle attività digitali in azienda, normalmente reclutato esternamente, e può essere collocato a diversi livelli dell’organizzazione a seconda della priorità che si intende dare allo sviluppo digital. Il ruolo può essere definito in maniera più o meno ampia in base alle esigenze della società, al suo modello operativo e all’esperienza delle strutture organizzative”.
Nel pharma italiano le prime figure a essere state introdotte sono quelle di coordinamento, come appunto il Chief digital officer, o di sviluppo delle competenze digitali, come figure di Digital champions collocate in diverse unità organizzative per promuovere la “contaminazione digitale” o “Digital academy” (organizzazione di percorsi formativi per gruppi di risorse selezionate). Presenti anche gli “Innovation lab”, gruppi di lavoro con competenze eterogenee per lo sviluppo di iniziative digitali. Si tratta di qualifiche e termini forse ancora ostici, ma con i quali bisognerà giocoforza familiarizzare fin da subito.
E qui Bain & Company offre una “dritta” per minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità, suggerendo l’adozione di una strategia che preveda “un piano di innovazione digitale” condiviso da tutte le unità organizzative dell’azienda.
Nel processo di digitalizzazione, infatti, il fattore HR (risorse uname) è ancora più centrale che in altri ambiti. Non è casuale che il report di Bain&Company si concluda tornando sul punto, sottolineando la necessità per le aziende di fare estrema attenzione al reperimento sul mercato del lavoro delle risorse in possesso di competenze adeguate
L’obiettivo deve essere quello di “avere un ecosistema digitale funzionante, armonizzando i sistemi IT, le piattaforme di raccolta dati, la cultura aziendale e i sistemi operativi” conclude lo studio. “È il momento di aumentare il passo in termini di investimenti in innovazione e nel digital journey nel suo complesso al fine di continuare ad attrarre e trattenere le nuove generazioni di talenti.
♦ Farmindustria – Studio Bain&Company sulla digitalizzazione