Con questa riflessione Carmine Pinto presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica sottolinea come sia impossibile nel breve-medio periodo arginare il budget per la spesa farmaceutica con soli risparmi provenienti dal mondo del farmaco. Peraltro ci sono malattie ereditarie e tumori che richiedono trattamenti milionari e che il nostro servizio sanitario (“il migliore del mondo”) vuole continuare a passare, a differenza di altri che oggi mandano i loro pazienti da noi. Il tema di calmierare i prezzi senza abbattere la capacità delle industrie di fare profitti e reinvestirli è stato al centro di una tavola rotonda al Corriere della Sera con Pinto, Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Mario Negri e Guido Guidi responsabile di Novartis Europa.
Uno dei rimedi per spendere meglio è essere più selettivi con i nuovi farmaci in entrata, «ma la selezione è già partita – avverte Guidi – siamo passati da una fase in cui si commercializzavano farmaci “me- too”, ad un modello in cui sono accettate solo nuove molecole con profilo innovativo; siccome sviluppare un principio attivo nuovo costa a un’industria 1,2 miliardi di euro, molte molecole commercializzate non rientrano dalle spese; a fronte di più fallimenti la sostenibilità per un’industria sta anche nella possibilità che una molecola che funziona sia premiata».
Questi ultimi se fatti bene potrebbero essere chiusi entro tre anni, lasso di tempo in cui può chiarirsi il rapporto costo-efficacia di una nuova terapia. Per Remuzzi ulteriori margini sono ancora recuperabili nella fase di sviluppo dei farmaci: «Ci sono farmaci contro la progressione delle malattie renali che hanno fallito gli studi con perdita complessiva da 1,5 miliardi di euro, perché il disegno sperimentale era sbagliato. Bisogna vedere se questi fallimenti, tutti rimborsati dal Ssn, erano ineluttabili».
Mauro Miserendino