Troppo cari! Ma quanto vale una vita? E quanto costa una invalidità permanente? I farmaci orfani non costano nemmeno ‘troppo rispetto al costo di altri paesi”. I Farmaci Orfani però costano troppo per l’Italia. Siamo proprio sicuri che a far sballare in banco è quel 5% della spesa farmaceutica, che si traduce in meno dell’1% della spesa sanitaria nazionale? Oppure è la solita vecchia soluzioni di togliere a chi ha meno forza contrattuale per garantire la sopravvivenza agli altri – sprechi e corruzione inclusa? Questa deriva economicista, che guarda addirittura ai singoli budget prima che alla spesa complessiva, non può essere accettata, non dobbiamo abituarci perché quando la compatibilità economica supera l’importanza della vita si perde il riferimento prioritario e diventa poi impossibile porre un limite.
Rappresentano circa il 5% della spesa farmaceutica complessiva e meno dell’1% della spesa sanitaria
Ma troppo rispetto a cosa? Proviamo ad analizzare le possibili risposte:
1) Costa troppo rispetto al beneficio che produce
Per definizione un farmaco orfano porta una terapia in grado di salvare o migliorare significativamente la vita per persone affette da malattie rare altrimenti prive di cura. Senza quello specifico farmaco i pazienti sono destinati alla morte, a gravi e spesso progressive invalidità e a fortissime sofferenze. A quei pazienti nessuno potrà dire “questo farmaco costa molto, prendi l’altro, che costa meno ed è efficace allo stesso modo”, come invece viene fatto per la gestione di altre patologie. Attaccare un farmaco orfano significa dire “Questo farmaco costa troppo in proporzione al valore della tua vita o della tua sofferenza”. Quanto vale una vita? Quando costa al sistema sanitario una invalidità grave? E quanto vale la sofferenza? Difficile dare una risposta netta queste domande, ma diverso è il discorso se ci si domanda quanto costa una invalidità permanente: qui precisi calcoli potrebbero essere fatti, eppure non contano. Non contano perché il costo dell’invalidità viene sostenuto dal sistema sociale e sanitario insieme, mentre il costo del farmaco impatta sul budget della farmaceutica: due budget diversi che non si parlano tra loro. Non conta che ogni volta che si spende per un farmaco orfano si risparmia in ricoveri, interventi chirurgici, protesi, sedie a rotelle, assistenza 24 ore su 24. Perché quello è, appunto, un altro budget.
Eppure, anche se volessimo ridurre tutto a una sola questione di budget della spesa farmaceutica, l’affermazione rispetto al costo eccessivo non regge: gli orfani rappresentano appena il 5% della spesa complessiva per farmaci.
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Se così fosse in Europa sarebbero tutti dei folli: negli altri paesi europei gli stessi farmaci sono mediamente più cari che da noi, eppure vengono usati. E’ di circa un mese fa la dichiarazione di direttore Generale di Aifa, Luca Pani che spiega come i meccanismi adottati dall’agenzia abbiamo portato a “prezzi mediamente inferiori del 20% rispetto ad altri Paesi europei”. Dunque, a parità di efficacia, il nostro costo è inferiore: il rapporto efficacia /costo è comunque migliore che altrove. E così anche questa risposta cade, e cadendo svela che i farmaci orfani non costano nemmeno ‘troppo rispetto al costo di altri paesi”.
3) I Farmaci Orfani costano troppo per l’Italia
Forse è questo il solo ‘troppo’ che regge. Da capire se sia un ‘troppo’ rispetto alle possibilità economiche o rispetto alla volontà di spesa. Sarà proprio vero che l’Italia non può permettersi di curare persone che fino ad oggi non avevano terapia e per le quali, fino all’avvento di questi farmaci, non si è speso nulla? Siamo proprio sicuri che a far sballare in banco è quel 5% della spesa farmaceutica, che si traduce in meno dell’1% della spesa sanitaria nazionale? Oppure è la solita vecchia soluzioni di togliere a chi ha meno forza contrattuale per garantire la sopravvivenza agli altri – sprechi e corruzione inclusa?
Lo straordinario sistema universalistico che la Legge 833 del 1978 ha voluto donare agli Italiani e che tanti ci invidiano non può piegarsi a questo. Questa deriva economicista, che guarda addirittura ai singoli budget prima che alla spesa complessiva, non può essere accettata, non dobbiamo abituarci perché quando la compatibilità economica supera l’importanza della vita si perde il riferimento prioritario e diventa poi impossibile porre un limite. Oggi sarebbero i malati rari a pagarne le conseguenze, domani qualsiasi paziente potrebbe essere a rischio di vedersi negata la cura. OMAR combatterà questa battaglia a fianco della Senatrice Bianconi e di chiunque vorrà impegnarsi al suo fianco.
Sen. Bianconi: “Giù le mani dai farmaci orfani”
Riproponiamo la Lettera al direttore pubblicata ieri sul Sole 24 ore Sanità
Osservatorio Malattie Rare condivide le ragioni della Senatrice: ecco perché
la ringrazio per l’ospitalità accordata per trattare di un argomento che spesso è oggetto di convegni, quasi sempre per addetti ai lavori, ma di cui si parla pochissimo. Mi riferisco alle rare diseases, definite tali in quanto la loro prevalenza non supera una soglia stabilita, che nell’Unione europea è fissata allo 0,05% della popolazione, ossia 5 casi su 10.000 persone.
Si tratta di pazienti che ricevono tardivamente la diagnosi e quando arriva, non sempre esistono farmaci che per queste patologie vengono definiti “orfani” in grado di curare o migliorare la loro vita. Nella maggioranza dei casi esiste un solo rimedio e nessun’altra alternativa terapeutica. A mancare sono poi le campagne informative, che riguardano anche gli operatori sanitari. Raramente un medico può essersi imbattuto in queste patologie e così, spessissimo, pazienti e famiglie sono costretti peregrinare alla ricerca di un centro di riferimento e di un professionista che li prenda in carico, per tutta la vita. Oggi il numero di malattie rare conosciuto e diagnosticato oscilla tra 7mila e 8mila. Solo in Italia, fonte rete Orphanet, figurano due milioni di malati, il 70% dei quali bambini in età pediatrica. Eppure per la prevenzione non servono soldi, visto che l’80% delle malattie rare sono di origine genetica. Serve tanta ricerca e questa può farla chi poi materialmente costruisce il farmaco. Ma la ricerca sugli orfani è costosa, con le multinazionali che vi prestano scarsa attenzione per il minor ritorno economico che può derivarne. Un quadro decisamente depresso che, incredibile a dirsi, qualcuno vorrebbe mortificare ancora di più applicando il sistema del pay back ospedaliero proprio ai farmaci orfani. Dal 2012, a valer dal 2013, in Italia è in vigore un meccanismo definito appunto pay back che impone alle case farmaceutiche di farsi carico del 50% di sforamento della spesa farmaceutica ospedaliera.
Il tetto di spesa, fissato al 3,5% del finanziamento pubblico del Servizio sanitario nazionale, viene suddiviso per ciascuna azienda cui è assegnato un determinato budget. Il provvedimento in questione, grazie anche a un emendamento presentato dalla sottoscritta e inserito nella legge 7 agosto 2012 numero 135, esclude i farmaci orfani dal ripiano degli sforamenti. L’emendamento tutela innanzitutto i pazienti, che sono la vera priorità, ma anche le aziende produttrici: coinvolgerle nel pay back significherebbe esporle a esborsi economici insostenibili, con il rischio concreto di non investire più nelle terapie.
In questi anni tra l’altro, come confermato dall’Osservatorio sperimentazioni cliniche dell’Associazione italiana del farmaco (Aifa), l’esclusione dal pay back ha contribuito a creare un clima incentivante per il settore degli orfani, con gli investimenti in ricerca passati da un 8,2% sul totale sperimentazioni cliniche nel 2010, al 20,1% nel 2014. È per questi malati, dunque, che va tenuta alta l’attenzione e fare in modo che tale principio non venga mai messo in discussione, solo per assecondare i “mal di pancia” di qualche major farmaceutica, interessata a includere gli orfani nei pay back per motivi di convenienza. Una dinamica che non vorremmo e non potremmo in nessun modo tollerare. Una battaglia di civiltà che dobbiamo a chi è meno fortunato di noi. In ballo c’è quella solidarietà, figlia del principio universalistico della sanità italiana, che non solo supporta tutti ma che non deve lasciare indietro nessuno.Come parlamentare monitorerò affinché nella “Riforma del pay back”, già annunciata dal Governo, non finiscano norme pericolose a discapito dei farmaci orfani. Invito, allo stesso tempo, case farmaceutiche impegnate nei settori dei farmaci orfani e delle malattie rare e le associazioni dei pazienti, a far sentire la propria voce in maniera preventiva: meglio non correre rischi, vista la posta in gioco. Una volta scongiurato il pericolo, verrà il tempo delle analisi più approfondite. È evidente che ci sia bisogno di un ambito nuovo in cui dibattere, concretamente, la policy futura delle malattie rare e di conseguenza dei farmaci orfani.
Laura Bianconi
vicepresidente in Senato, Gruppo Area popolare (NcdUdc)