“Gli italiani conoscono molto bene il sistema dei farmaci equivalenti, cosa che non trova riscontro in altri Paesi”
Campioni europei sulla teoria, rimandati nella pratica. “Gli italiani conoscono molto bene il sistema dei medicinali equivalenti, cosa che non trova riscontro in altri Paesi” nonostante “quote di mercato molto diverse” nella Penisola rispetto ad altre nazioni del Vecchio continente.
Dallo studio risulta che il 90% dei connazionali, contro una media Europa del 63%, conosce perfettamente i farmaci equivalenti. “Siamo rimasti molto stupiti“, confessa l’Ad all’AdnKronos Salute. “Mi sarei aspettato - explains - che in Paesi tipo la Germania o l’Inghilterra, piuttosto che nelle nazioni del Nord Europa, i cittadini potessero avere una conoscenza diversa da quella italiana perché completamente diverse sono le quote di mercato“. In termini di unità, ossia di scatolette vendute, “la Germania è a più del 50%” mentre “l’Italia è al 25% e sale al 30% sul rimborsato dal Servizio sanitario nazionale“. Anche dall’indagine quindi “mi sarei aspettato una differenza percentuale abbastanza simile. Viceversa sembra che gli italiani conoscano meglio di tutti, o grandemente, il nostro mondo“.
Sul fronte equivalenti “la cultura e l’informazione si fanno a livello del farmacista, e qui siamo abbastanza ben messi – osserva l’Ad – a livello del medico, e qui c’è da lavorare” anche se “oggi abbiamo un grosso appoggio” dai camici bianchi di famiglia e “nella fattispecie da Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e Simg (Società italiana di medicina generale e delle cure primarie)“, e poi è necessario agire sull’opinione pubblica: “Bisogna abbattere lo scetticismo che c’è da parte dei pazienti – ragiona Häusermann – perché ci sono ancora molti medici e molti pazienti che non riconoscono al medicinale equivalente le caratteristiche che hanno i farmaci a marchio“.
Dal rapporto sembra ci sia ancora molto da fare anche in termini di conoscenza per quanto riguarda invece i medicinali biosimilari: l’88% degli italiani non sa cosa siano, con un 22% che li definisce ad esempio “farmaci a base di piante con etichette bio“. Secondo il manager, “il mondo dei biosimilari è poco conosciuto” innanzitutto perché “è appannaggio degli specialisti e degli ospedali“. E poi perché “è nato relativamente dopo quello degli equivalenti: i generici sono arrivati sul mercato grosso modo all’inizio del 2000, i biosimilari diciamo 12-13 anni dopo”. Häusermann è dunque ottimista: “Ci aspettiamo che fra qualche anno anche per i biosimilari si raggiunga la stessa percentuale di conoscenza da parte dei cittadini“.
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