DEFICITS AND WRONG TREATMENTS, ALL THE EVILS OF HEALTHCARE

Deficit e cure sbagliate, tutti i mali della sanità

 

by Luca Cifoni
ROMA (17 luglio) – Per la sanità l’Italia non spende più degli altri Paesi occidentali. Anzi, in realtà la spesa totale (circa il 9 per cento del Pil, tra quella pubblica e quella privata) è inferiore alla media Ocse. Però il nostro sistema sanitario, che pure a livello internazionale è giudicato complessivamente buono dal punto di vista qualitativo, si trova suo malgrado nella condizione di porre continui problemi ai conti pubblici, di lasciare insoddisfatte ampie fasce di cittadini, e infine di creare un pericoloso terreno di contatto tra la politica e il malaffare (se non addirittura la criminalità organizzata).

Le cause di questa situazione sono ovviamente varie, ma una buona chiave di lettura per provare a capire è data dalle fortissime differenze che esistono tra una Regione e l’altra. Differenze di spesa, di prestazioni, di equilibrio dei conti. Alle fine, anche se incrociare le valutazioni quantitative con quelle qualitative è sempre un’impresa complicata, si ricava l’impressione che almeno in alcuni casi le realtà regionali che producono i maggiori disavanzi sono anche quelle che curano in modo meno appropriato.

Gli sforzi per risanare i conti della sanità durano ormai da vari anni, e qualche risultato si inizia a vedere. Nel 2007 il servizio sanitario nazionale ha speso circa 102,5 miliardi di euro, con un incremento del 2,9 per cento rispetto all’anno precedente. La crescita è contenuta, se si considera che nei primi anni del decennio gli aumenti medi erano del 7 per cento. Il disavanzo complessivo di 3,2 miliardi, in forte calo rispetto al 2006, è risultato il più basso degli ultimi anni.

Ma cosa c’è dentro questa enorme massa di denaro? Intanto la spesa per il personale rappresenta il 32,5 per cento dei costi complessivi, circa 33 miliardi. Più o meno l’80 per cento di questa somma serve a pagare medici e infermieri, il resto va al personale amministrativo. La spesa farmaceutica vale un po’ più del 15 per cento del totale, e negli ultimi tempi risulta in deciso contenimento. Per il resto, senza entrare nei dettagli, si possono fare un paio di considerazioni. La prima riguarda il ruolo degli ospedali: in Italia ce ne sono troppi, spesso piccoli e inefficienti. Il loro numero dovrà essere ridotto. La seconda osservazione, collegata alla precedente, nasce dalle tendenze demografiche: in futuro ci saranno sempre più anziani, e sarà inevitabile potenziare l’assistenza territoriale e in particolare domiciliare (che oggi assorbe relativamente poche risorse) a scapito proprio di quella ospedaliera.
I servizi sanitari li erogano le Regioni, che per questo ricevono tra l’altro le entrate dell’Irap. Lo fanno seguendo leggi e linee guida elaborate a livello nazionale, ma muovendosi poi con larga autonomia nella gestione. E le differenze si vedono. Guardiamo innanzitutto alla spesa pro-capite. La media nazionale è di 1.731 euro, ma – escludendo Valle d’Aosta e Provincia di Bolzano che sono casi un po’ particolari – si va dai 1.965 della Lombardia ai 1.581 della Calabria. Una spesa più alta non indica necessariamente problemi nei conti, visto che alcune Regioni se la possono permettere. Il disco

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