Scritto da Renzo Trappolini
Lunedì 13 Agosto 2012
È storia vecchia e c’è solo da augurarsi che non si ripeta. Lo Stato privatizza, rinuncia cioè al monopolio, lasciando che chi vuole e può produca e venda, ma non cambia le regole perché sia possibile. In passato è già avvenuto e pochi ne hanno beneficiato. Certamente, non i consumatori, a guardare i prezzi e le tariffe in autostrada, in treno, nell’energia, dal gas alla corrente elettrica, nelle banche, nei servizi locali e così via.
Si è privatizzato, ma non si è liberalizzato; il monopolio pubblico ha lasciato il posto a monopolisti privati; lo Stato ha incassato vendendo le sue “licenze”, in pochi, troppo pochi – e poco pagando – hanno fatto affari nell’acquisto. Tutti gli altri, chi consuma, ci hanno perso. Non meraviglia, perciò, che l’Istituto Bruno Leoni, numeri alla mano, rilevi che, rispetto alla nazione europea più liberalizzata, noi, l’Italia, siamo attestati al 49%, meno della metà. Ci è stato detto in tutte le salse e da tutti i pulpiti, con le parole – pure scritte nella famosa lettera della Bce – e con i fatti del mercato che stenta a darci credito se non a prezzi alti, che da noi costa troppo produrre e non c’è concorrenza, non siamo competitivi. Il governo Monti è stato nominato per farci cambiare rotta: il suo primo atto e gli altri a seguire sono stati all’insegna delle liberalizzazioni.
Fatte per decreto: subito in vigore, ma precario, fino, cioè, alla data in cui il Parlamento non l’ha modificato, addolcito, reso più digeribile per i monopolisti grandi e per quelli piccoli, dai farmacisti ai notai, dai tassisti all’alta burocrazia gelosa degli intoccabili superattici dei suoi stipendi senza tetto, dalle banche alle ferrovie, alle industrie farmaceutiche, fino ai medici di base, molti dei quali vanno a firmare le ricette fatte scrivere alle segretarie, dalle quali non si può pretendere che conoscano i “principi attivi delle medicine” e meglio quindi tornare a prescrivere i farmaci col nome dato dalle industrie che li producono. A beneficio del medico firmatore e dell’industria che lo erudisce e coccola con gli informatori farmaceutici.
Così l’ordine sociale è salvaguardato, perché l’arcipelago di caste e privilegi su cui continua a galleggiare il Paese rimane a calamitare voti. Così vanno le cose in Italia, dove il Parlamento non pare aver in grande considerazione il fatto di usare i soldi pubblici in modo da far avere servizi e beni della migliore qualità, al minor costo. Così l’italiano, già propenso per cultura e tradizione, considera lo Stato una sovrastruttura e, se può truffarlo, sa che non fa peccato, tiene famiglia e deve comunque sopravvivere. Così, al diavolo i doveri, il rispetto per l’autorità e anche per il prossimo, che poi, uniti insieme, fanno la comunità. Al diavolo, qu