Una causa del governo italiano contro Pfizer sarebbe una via molto complessa: il procedimento va incardinato a Bruxelles e un’eventuale sentenza riconosciuta ed eseguita negli Stati Uniti. E il professor Santa Maria svela un dettaglio sul titolo Pfizer in borsa che avrebbe dovuto far presagire qualche problema nella distribuzione
Professore, il governo italiano tramite l’Avvocatura dello Stato, ha minacciato di fare causa a Pfizer, che è in ritardo nella consegna dei vaccini e ha ridotto il numero di fiale fornite nelle ultime settimane. È una mossa sensata?
Allora andiamo con ordine: cosa contiene il contratto con Pfizer?
È stato stipulato dalla Commissione europea per conto degli Stati membri e prevede una ripartizione delle dosi in misura proporzionale alla popolazione di ciascuno Stato. Non dovrebbe essere diverso da quelli siglati con le altre case farmaceutiche che hanno sviluppato vaccini contro il Covid-19. Nonostante le numerose pressioni del Parlamento europeo, il contratto è secretato.
Niente trasparenza, quindi
È consentito solamente l’accesso ad una copia del contratto stipulato con l’impresa farmaceutica Curevac presso una reading room a Bruxelles allestita nella Direzione Generale per la salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea (“DG Santé”), ma con rigidi limiti di accesso, il divieto di effettuare fotografie o appunti e con numerose parti oscurate, tra cui le informazioni sui prezzi, sulle penali, sulle responsabilità o sui siti di produzione.
Però l’Avvocatura dello Stato, secondo il Corriere della Sera, una copia di quel contratto ce l’ha.
Certo, e su quella base sta valutando la possibilità di avviare una controversia presso il foro di Bruxelles o anche di effettuare un esposto alla Procura di Roma per possibili profili penali. Lo Stato italiano potrebbe avere una propria legittimazione ad agire contro Pfizer quale terzo beneficiario delle prestazioni di consegna stipulate in suo favore
Non potrebbe fare causa direttamente negli Stati Uniti?
Perché la sentenza andrebbe eseguita negli Stati Uniti, senza che vi sia una convenzione internazionale che garantisca il riconoscimento automatico. Bisognerebbe dunque passare attraverso un giudice americano, che potrebbe ritenere che il processo belga non abbia rispettato i crismi del due process d’Oltreoceano, col rischio di dover rifare tutto da capo, ma stavolta a casa loro.
Allora la mossa del governo è solo politica?
Probabilmente serve per fare pressione sulla casa farmaceutica e per dare l’idea che il ritardo nella campagna vaccinale non è causato da inefficienze dell’esecutivo o della struttura commissariale, bensì dall’inadempienza della Pfizer. Però non è una grande mossa negoziale mettersi contro la principale fornitrice di vaccini anti-Covid in Italia.
Diverso sarebbe il caso di Pfizer che consegna più dosi ad altri Paesi, che magari hanno stipulato accordi paralleli (tipo la Germania).
Certo, ma si dovrebbe dimostrare che le dosi aggiuntive sono “sottratte” alla fornitura principale promessa ai paesi dell’Unione e poi ripartita secondo la popolazione. E ancora non mi pare che siamo a questo punto.
Potrebbe il singolo cittadino ricorrere in giudizio contro le case farmaceutiche per non aver ricevuto il vaccino nei tempi promessi?
Un’eventuale legittimazione individuale dei singoli privati potrebbe forse concepirsi qualora questi avessero già maturato un diritto a ricevere il vaccino (o il richiamo) nei confronti dello Stato italiano, ma tale diritto fosse frustrato dall’inesatto adempimento di Pfizer e da ciò derivasse loro un pregiudizio; in tal caso, il titolo per agire sarebbe extracontrattuale (articolo 2043 del codice civile: sotto il profilo di una sorta di “lesione del credito” vaccinale) e il foro competente potrebbe essere italiano.
E una class action?
Allo stato, tale diritto non potrebbe essere esercitato in forma di azione di classe prevista dall’art. 840-bis del codice di procedura civile, in quanto tali disposizioni non sono ancora efficaci. Dovrebbero divenirlo entro giugno, salvo ulteriori differimenti legislativi.
Neanche la class action prevista dal Codice del Consumo?
C’è da chiedersi se i soggetti beneficiari del vaccino possano qualificarsi come consumatori. Specie in questa fase, in cui il vaccino è somministrato anche in ragione dell’attività professionale esercitata: medici, infermieri, OSS, dipendenti amministrativi di enti sanitari, insegnanti, ecc. I problemi di applicazione sono molti: il danno non sarebbe da prodotto difettoso ma da omissione, incompletezza o ritardo nella fornitura. Inoltre, andrebbe stabilito se la condotta di Pfizer si può qualificare come pratica commerciale scorretta o comportamento anticoncorrenziale (abuso del diritto/abuso di posizione dominante).
Certo, non conoscendo il contratto è difficile fare una valutazione.
Il fatto che sia mantenuto segreto è un problema, ma l’obbligo generale che vincola ciascuna parte del contratto di darne esecuzione secondo buona fede sussiste in qualsiasi sistema giuridico di riferimento, che sia di civil law come l’Italia o common law come gli Stati Uniti. Però posso raccontarle un dato, non da avvocato ma da risparmiatore, che avrebbe dovuto far presagire un “intoppo” con la Pfizer.
Ci dica.
In borsa il titolo Pfizer, dopo un’iniziale crescita in autunno, a dicembre ha iniziato a calare, restando sempre a un livello inspiegabilmente basso. Ma come, la casa farmaceutica che ha in mano l’unico vaccino approvato da tutte le principali agenzie, non decolla? Certo, il mercato è pestifero e non ragiona sempre secondo principi razionali. Ma evidentemente, il fatto che debba essere conservato a -80°, le difficoltà di distribuzione e forse anche qualche problema nella produzione erano noti a qualcuno prima ancora che iniziasse la distribuzione. Il titolo Moderna, invece, in queste settimane è passato da 50 a 170 dollari…
Pfizer risponde all’Italia: “Avrà le sue fiale anche se ci fa causa”
sputnik news – 28 gennaio 2021
Dopo l’invio della diffida da parte dell’Avvocatura dello Stato italiana, arriva la risposta di Pfizer sulla questione della consegna dei vaccini.
In un’intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, l’amministratore delegato di Pfizer Italia, Paivi Kerkola, ha garantito che la fornitura delle fiale di vaccino all’Italia andrà avanti anche qualora Roma dovesse decidere di far causa all’azienda farmaceutica.
La dirigente di Pfizer ha quindi precisato che l’intenzione dell’azienda non è mai stata quella di speculare e ha ribadito l’impegno a “continuare a fornire il vaccino come previsto dagli accordi con la Commissione europea”.
Nel suo intervento Kerkola ha quindi chiarito, rispondendo a precisa domanda di non aver in alcun modo voluto favorire gli Stati Uniti d’America per quanto concerne la consegna prioritaria di vaccini.
La diffida italiana a Pfizer
Lo scorso martedì l’Italia ha compiuto il primo passo verso un’azione legale contro Pfizer per il ritardo nella consegna dei vaccini anti-Covid.
L’Avvocatura generale dello Stato ha infatti recapitato una diffida all’azienda farmaceutica statunitense, al fine di spingere quest’ultima “ad adempiere ai propri obblighi contrattuali relativi, anzitutto, alla mancata consegna di dosi destinate alla campagna di vaccinazione della popolazione italiana”.
L’Avvocatura ha inoltre reso noto che nelle prossime ore il Commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri prenderà in considerazione le “ulteriori azioni da intraprendere, in sede nazionale ed europea, a tutela della regolare prosecuzione della campagna di vaccinazione e, più in generale, della salute dei cittadini”.
Nei giorni scorsi lo stesso Arcuri aveva riferito che, in ragione dei ritardi di consegna di Pfizer, l’Italia è passata da una media di 80 mila persone vaccinate al giorno, con una punta di 92 mila, a una di sole 28mila al giorno.
I ritardi sulla consegna dei vaccini
La scorsa settimana Pfizer aveva notificato che i suoi preparati sarebbero stati consegnati con tre-quattro settimane di ritardo per dei problemi relativi ai processi produttivi.
L’azienda ha motivato tali problematiche adducendo la necessità di dover potenziare le strutture di produzione in Belgio.