I legali dei medici esultano per la cancellazione del reato di comparaggio. Ma rimane in piedi l’ipotesi più grave: il nesso tra regalìe e prescrizioni del latte
di Pietro Barghigiani – 12/12/2014 -IL TIRRENO Pisa
Scompare il comparaggio. A distanza di tre settimane dalla raffica di arresti ordinati dalla Procura della Repubblica di Pisa, la rilettura degli atti d’accusa da parte di altri giudici (non le 5mila pagine dell’inchiesta, ma il sunto del quadro d’insieme), permette di sfrondare a grandi linee quelle che saranno le ragioni di accusa e difesa. Se il comparaggio è un reato laterale rispetto ai “gravi indizi di colpevolezza” ipotizzati dagli inquirenti e fatti propri dal gip che ha firmato gli arresti domiciliari, l’architrave resta il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio. E su quello, con sfumature a tonalità variabile, sia il Riesame di Pisa che quello di Firenze hanno rimarcato che “può ritenersi sussistente – almeno a livello di fumus – la corruzione, sia pure con plurimi profili problematici per l’approfondito esame dei quali non è questa la sede deputata, dovendo essere sviluppati nell’incedere del procedimento”. Come dire: che sia un ulteriore passaggio davanti a un altro giudice e al limite il processo a chiarire presunte responsabilità che si intravedono nelle carte.
Correzione di rotta. Primari e pediatri e quasi tutti i venditori sono di nuovo liberi per il venir meno delle esigenze cautelari. E questo lo si deve anche al detonatore mediatico degli arresti che ha “neutralizzato” gli eventuali illeciti penali. “Diciamo che il Tribunale del Riesame ha modificato un pochino la linea iniziale dell’accusa” chiosa l’avvocato Riccardo Taverniti che assiste un pediatra per il quale è pendente l’appello con cui si chiede la revoca della sospensione dall’esercizio dell’attività come medico convenzionato con l’Asl. Aggiunge il legale di altri due pediatri, in attesa di poter tornare a lavorare in convenzione con l’azienda sanitaria pisana, l’avvocato Stefano Ercoli: “Siamo agli inizi, ma mi pare che le ordinanze del Riesame mettano perlomeno in dubbio le certezze che hanno animato le accuse. Alcuni magistrati hanno dato dei fatti una lettura alternativa alla tesi della Procura”
Le difese. Il refrain di medici e venditori è che i regali non hanno mai condizionato l’indicazione di un prodotto a scapito di un altro. “Questa prassi commerciale è vecchia come il mondo. Spesso sono i medici a mettere in competizione le ditte” ha dichiarato al Tirreno l’area manager della Dmf arrestato e poi tornato in libertà. “Trovate una madre che è stata sconsigliata dall’allattare al seno e costretta a comprare un latte artificiale” è la linea Maginot delle difese che sfidano l’accusa a provare il contrario. Per i medici il nesso causale tra l’incremento nell’acquisto di un certo tipo di latte e l’arrivo di regali e viaggi pagati non è mai esistito. Sarebbero due situazioni parallele che vivono di vita propria senza interferenze, al contrario della rappresentazione dei fatti che il 21 novembre ha portato ai domiciliari diciotto incensurati tra primari, pediatri e venditori. Le accuse hanno scatenato in ordine sparso e con una spontaneità inattesa un diga difensiva nata su Facebook e consolidata in sottoscrizioni pubbliche. Quella delle famiglie si è rivelato il fronte più agguerrito. Loro, le mamme, hanno già assolto i medici a prescindere dall’ammissione dei benefit. Su un foglio affisso in un ambulatorio per dare il via a una petizione, c’era già la sentenza di assoluzione del medico pronunciata dal “Tribunale delle madri”: “Se ha ricevuto compensi restituirà ciò che deve. La malasanità è altro”.